Il caso di Patrick Zaki sembra non avere una fine. Oggi 29 novembre a Mansura l’ultima udienza, l’ennesimo rinvio. Cosa è successo
L’esito dell’udienza, la settima, si è svolta oggi 29 novembre a Mansoura. L’ennesimo calvario giuridico di un processo che sembra non avere mai fine per lo studente egiziano Patrick Zaki incarcerato per 22 mesi e ora libero ma non di lasciare l’Egitto, in attesa di giudizio.
Ed è proprio il tribunale egiziano che dal 14 settembre dello scorso anno sta processando lo studente per un articolo su controverse discriminazioni della minoranza cristiana in Egitto, dichiaratamente perseguitata dall’Isis. Ora Zaki rischia altri cinque anni di reclusione per la diffusione di fake news.
Notizie false che, in realtà non sono tali poiché il giovane Patrick ha solo esercitato la libertà di pensiero. A dare l’annuncio del rinvio dell’udienza è lo stesso ragazzo sui social: “Libertà solo quando sarò a Bologna. Grazie mille per tutto il supporto”.
La settima udienza si è svolta oggi a Monsura a porte chiuse. Ad assistere solo i diplomatici di Italia, Unione Europea, Stati Uniti e Canada. Giornalisti e tutta la stampa non ammessa. Presente anche Patrick Zaki che racconta ai giornalisti in attesa davanti al Palazzo di Giustizia, così come riporta anche La Repubblica: “Mi chiedono sempre la carta d’identità, la do, vanno in camera di consiglio e poi la decisione. Oggi abbiamo fatto presente al giudice che volevamo presentare la nostra difesa, ma non ce ne hanno dato l’opportunità, come sempre. Così aspettiamo anche se non conosciamo i motivi di tutti questi rinvii”.
Con l’ennesimo rinvio il destino di Zaki rimane appeso alla speranza che, prima o poi, qualcosa si muoverà a suo favore. La data di oggi non è (forse) casuale poiché ricade dopo che in Egitto sarà svoltala Cop27, ovvero la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 2022.
In vista dell’evento le 26 Ong, come riporta La Repubblica, hanno lanciato un appello ai membri delle Nazioni Unite affinché “sollecitino le autorità egiziane a garantire la libertà di protesta pacifica e una significativa partecipazione della società civile locale e internazionale alla conferenza”.
Molte sono le persone che conoscono Patrick Zaki e che sono rimaste deluse da tutta la vicenda. Tra queste c’è Rita Monticelli, docente del master a cui è iscritto Patrick Zaki a Bologna. “E’ una grande ingiustizia, una tortura psicologica, continuare a mettere a dura prova un giovane uomo che da più di 30 mesi aspetta un processo che deve decidere delle sue sorti”.
Dello stesso parere anche il portavoce di Amnesty, Riccardo Noury, che dichiara: “Dobbiamo renderci conto che Patrick è come se stesse già scontando una condanna senza mai essere stato condannato: 22 mesi di detenzione preventiva più ad oggi 9 di processo significa quasi tre anni privato della libertà totale, poi parziale, sempre con il divieto di tornare a Bologna”. Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, si affida ai social e twitta: “Un ennesimo rinvio che fa male. Patrick ti aspettiamo qui, con la speranza che tu possa tornare presto”.
Infine l’artista Alessandro Bergonzoni osserva come a Patrick gli abbiano tolto tutto: “Ha finito le guance, a forza di porgerle non ne ha più. Resiste pacifico a una forma di ingiustizia. La gente lo considera libero ma non è così. Il suo non è un caso risolto. Loro gli chiedono la carta di identità, io dico: restituitegli la carta di dignità“.
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