Neymar, campione sfortunato. L’infortunio ai Mondiali rimette in discussione tutto: come sta il fuoriclasse brasiliano, le sue condizioni.
Neymar, altra giravolta. Non c’entrano i voli che prende abitualmente fra una trasferta e l’altra: è piuttosto una questione di possibilità e coincidenze. Anche quelle, talvolta, alimentano il calcio ma più in generale la vita. Strana e controversa che fa sembrare determinate cose e ne prevede, invece, certe altre: sempre etichettato come “cascatore” Ney, invece, si scopre che non simula.
I problemi alla caviglia li ha davvero ed è più delicato di un cristallo. Diverso da un brillante qualunque, più fragile, forse per questo più pregiato. Questione di atteggiamento e positività: in Qatar arringa alla torcida in un video, ma lui ci rimette in prima persona. Troppo amore per la Nazionale, o forse la voglia di vincere dopo tanta attesa. Ogni Mondiale qualcosa va storto. Stavolta no: deve farcela.
Neymar, oltre il danno la beffa: perchè l’infortunio al Mondiale non ci voleva
È questo l’imperativo dopo l’ennesimo stop. La caviglia si gonfia come un pallone, di quelli che dovrebbe calciare, ma contro la Svizzera – prossimo impegno del Brasile – guarderà dalla tribuna i suoi compagni. La speranza e la volontà è quella di tornare in gioco il prima possibile. Il Mondiale è uno e non deve finire come l’edizione scorsa, quando il brasiliano patì un infortunio importante come “ricompensa” a tutto l’impegno di una stagione. Allora era d’estate, adesso siamo in pieno inverno. Il freddo, tuttavia, non deve diventare gelo per i tifosi.
C’è ancora bisogno del giocatore più rappresentativo di questo Brasile, anche se Richarlison – una rovesciata alla volta, polemiche incluse – fa dormire sonni tranquilli. Solo che Neymar non vuole passare il resto della competizione a sbadigliare. Protagonista e jolly, questo è il suo ruolo. Allora i trattamenti dovranno essere mirati e intensi. Il problema è la possibile distorsione, con una sola speranza: che non siano interessati i legamenti. Quello del Mondiale è un treno che non si può perdere ancora una volta: tutto questo, forse anche di più, c’è in quella smorfia di dolore all’uscita dal campo contro la Serbia.