Ieri sera il governo ha licenziato la nuova manovra economica da 35 miliardi. La premier Meloni l’ha presentata poco fa in conferenza stampa e l’ha definita “coraggiosa”, che “crea consenso”. Quasi quattro ore di discussione ieri sera al tavolo del Cdm e quasi tutti i punti toccati. Dagli interventi per le bollette al reddito di cittadinanza. Ma cosa contiene il testo? Cosa prevede davvero la manovra? A Free.it Alessandro Santoro, docente di Scienza delle finanze all’ Università degli studi di Milano-Bicocca.
Non è stato semplice arrivare ad un accordo sulla manovra, con i partiti della coalizione che tiravano ognuno l’acqua al proprio mulino. E’ servito un gigantesco compromesso su molti temi e alla fine ne è venuto fuori un provvedimento prudente ma già definito poco strategico. Sotto i riflettori soprattutto il Rdc e pensioni.
Cosa ne pensa di questa manovra?
“Mi pare che, come del resto era stato anticipato, buona parte della manovra sia dedicata all’intervento sulle bollette e i costi energetici. Bisogna ancora capire come verrà declinato nel dettaglio, ma insomma è rilevante che circa i due terzi del totale è dedicato a questo. Quindi, ha un carattere giustamente emergenziale. Che mi sembra condivisibile anche se, come dicevo, bisognerà vedere esattamente come verranno usati questi soldi”.
Per il resto?
“Sulla parte restante, cioè sul terzo di interventi, mi sembra che ci sino delle criticità maggiori. Non appare un quadro coerente di interventi ma tanti piccoli interventi per soddisfare obiettivi tra loro non esattamente coerenti. Probabilmente anche dettati da promesse elettorali e per la creazione di consensi in determinate fasce. Per il resto della manovra non c’è un’idea di politica economica.
È anche vero che questo governo ha avuto pochissimo tempo per questa manovra. Nella storia della Repubblica non era mai successo di andare a elezioni nel mezzo della sessione di bilancio. Quindi, probabilmente non c’era da aspettarsi realisticamente nulla di diverso. Però, alcuni provvedimenti sono seriamente discutibili”.
Per esempio? Quali sono, a suo giudizio, gli interventi legati alle promesse elettorali più che a una reale esigenza?
“Sicuramente l’estensione del regime forfettario da 65mila euro a 85mila euro di fatturato è un intervento molto concentrato su pochi contribuenti. Che, però, avranno un grande beneficio. Non mi pare che ci fosse l’emergenza di intervenire su lavori autonomi e professionisti con un fatturato superiore ai 65mila auro. Era una promessa elettorale della Lega rispetto alla quale si è trovato un compromesso. Perché la Lega voleva alzarlo ancora di più.
Poi, mi sembra di capire che anche questa nuova formulazione di Quota 103 riguarderà pochissimi pensionandi. Tra l’altro in condizioni reddituali e contributive non particolarmente svantaggiate per cui, anche qui, mi sembra il prezzo di una promessa elettorale. Poi sul resto bisogna vedere. Perché nelle pieghe ci sono delle altre cose che bisogna capire meglio. Per esempio, se la questione della rottamazione delle cartelle esattoriali è vera o è solo una dilazione. Anche in questo caso, comunque, è un intervento a beneficio di una parte specifica dei contribuenti”.
Cosa ne pensa della questione reddito di cittadinanza?
“Penso che il reddito di cittadinanza abbia svolto una funzione molto importante per il nostro Paese. Come misura di contrasto alla povertà che non esisteva o meglio, esisteva in una forma che poteva essere migliorata. Sicuramente ha risposto a una esigenza. Sappiamo bene che non ha funzionato come strumento per l’attivazione delle politiche attive del lavoro. Però, allora, se questo era il problema bisognava intervenire su quello. Cioè, sulla riforma delle politiche attive non sulla cancellazione del reddito.
Allo stato, sembra che che l’intervento sia stato posticipato al 2024 e questo vuol dire che il governo ha un anno di tempo per pensare a qualcosa di sostitutivo. A una misura efficace per coloro che a quanto pare non avranno più il reddito e bisognerà capire che sono i famosi 600mila occupabili. Io credo che un anno sia ottimistico, perché sono anni che si cerca di far funzionare le politiche attive ed è una cosa complicatissima.
Perché è una competenza regionale e c’è di mezzo il rapporto tra ordini di governo. Spero che in un anno riescano a farlo ma comunque meglio prendersi un anno che farlo in sei mesi. Ma purtroppo temo che ne verrà fuori comunque qualcosa esclusivamente di punitivo”.
Complessivamente, pensa che i sindacati possano essere soddisfatti o scenderanno in piazza?
“L’anno scorso due sindacati hanno fatto una manifestazione contro la riforma Irpef. Che era una riforma che, contrariamente a quanto dicevano, non ha affatto diminuito la progressività. Non l’ha aumentata me nemmeno diminuita e soprattutto andava a favore di tutti i contribuenti, compreso i lavoratori dipendenti. Questa di oggi è una riforma fiscale in cui i dipendenti hanno le briciole. Beh, se esiste una logica, me lo aspetterei che i sindacati scendessero in piazza per protestare. Però, questo sta a loro…”.
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