37 misure cautelari eseguite. Il clan dei Casalesi si stava riorganizzando e i carabinieri della provincia di Caserta, con una maxi operazione lo hanno smantellato. In manette anche il figlio del boss Cicciotto e Mezzanotte
Si stava riorganizzando il clan dei Casalesi e lo stava facendo in modo particolare con due fazioni: Schiavone e Bidognetti. Ecco perchè la maxioperazione condotta sin da questa notte da centinaia di uomini tra carabinieri del comando provinciale di Caserta e dalla Dda di Napoli che ha coordinato le indagini, assume un significato davvero importante.
La fase investigativa andava avanti da oltre tre anni. Tre anni che sono serviti ad acclarare l’operatività proprio delle due fazioni. Le indagini hanno infatti documentato una serie di reati che avevano come fine ultimo proprio il clan dei Casalesi, che conserverebbe ancora una struttura piramidale ben definita. 37 Le misure cautelari eseguite, tra carcere ed arresti domiciliari.
Le attività portate avanti dai carabinieri, hanno consentito inoltre di verificare come esponenti di spicco delle due fazioni si incontrassero più volte con l’obiettivo di ripristinare una cassa comune. Ma le famiglie criminali mantenevano comunque la propria indipendenza territoriale. Ciascuna ha continuato a portare avanti anche le rispettive specificità operative.
Dalle indagini è emerso inoltre come un indagato, che curava la pianificazione delle attività della fazione Schiavone, avesse preso il controllo del territorio, reperisse somme di denaro come sostegno al gruppo, si affermasse insomma come punto di riferimento non solo per gli affiliati, ma anche per chi, al di fuori della famiglia, si rivolgeva a lui per qualunque controversia da risolvere.
La fazione Bidognetti invece è ancora organizzata su legami di sangue. Guidata dai familiari più vicini allo storico capo clan Francesco Bidognetti, in carcere da diversi anni, in regime di 41-bis. A capo della fazione oggi, uno dei figli. Si troverebbe anche lui in carcere, eppure nonostante sia dietro le sbarre, grazie a telefoni introdotti in cella e ritrovati da uomini del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, riusciva comunque ad impartire ordine e direttive. Indicava gli affari da portare a termine, promuoveva attività illegali. In un’occasione ordinò addirittura l’omicidio di un noto affiliato. Voleva fermarne l’ascesa e il potere acquisito.
I Bidognetti controllavano le agenzie di onoranze funebri dell’agro aversano. Un’attività che va avanti dagli anni ’80, frutto di un patto che ha dato vita ad un consorzio di imprese, ora sottoposto a sequestro. La famiglia poi si dedicherebbe all’usura, applicando tassi di interesse fino al 240% e inoltre avrebbe armi che ha usato nel tempo per assicurarsi il controllo delle zone.
Alle due fazioni, oltre a quello associativo, sono stati pure contestati i reati di estorsione nei confronti di numerosi operatori commerciali. Uno di questi, sarebbe anche stato sparato alle gambe. Doveva essere convinto a pagare. Accuse anche per traffico di sostanze stupefacenti e controllo dell’attività di cessione della droga realizzato poi da altri soggetti. In sostanza gruppi più piccoli e meno potenti versavano quote di denaro alle due fazioni oggetto delle indagini, per garantirsi la gestione delle piazze di spaccio.
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