La sentenza è andata a favore di una coppia gay che vince contro il decreto Salvini. Il Viminale ora dovrà modificare i documenti della figlia minorenne della coppia omosessuale
Nel gennaio del 2019 il decreto imposto dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva obbligato le coppie omosessuali ad identificarsi come “padre” e “madre”. Nel farlo, il leader della Lega si era disinteressato ai pareri contrari sia del garante della privacy sia dei comuni, proseguendo la sua battaglia in difesa della famiglia naturale fondata sull’unione tra un uomo e una donna.
Oggi, a distanza di tre anni il tribunale di Roma ha accolto il ricorso di due donne, madri di una bimba che hanno chiesto di modificare i documenti della minore. Il Viminale ha così emesso una nuova carta d’identità. A parlare della storia delle due mamme, Sonia (madre biologica) e della sua compagna è stata La Stampa, ecco cos’è cambiato.
Coppia gay vince contro decreto Salvini: le madri potranno modificare i documenti della figlia | Ecco cosa cambia
Protagoniste della storia raccontata oggi da La Stampa sono Sonia, la madre biologica di una bambina concepita in Grecia con la fecondazione artificiale e nata in Italia, e la sua compagna. Una causa civile portata avanti dalla coppia omosessuale e supportata da Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno.
I due legali delle donne, Vincenzo Miri e Federica Tempori avevano denunciato la violazione di almeno 10 norme internazionali. Tra queste, quella che garantisce il rispetto della vita privata e familiare. Il ministero aveva difeso la conformità dei principi repubblicani di ordine pubblico come “fondamentali e insuperabili”. Nella sentenza, il giudice Francesco Crisafulli ha smontato le argomentazioni del Viminale puntando sulla “falsa rappresentazione del ruolo di una delle due genitrici, in evidente contrasto con la sua identità sessuale e di genere, comporta conseguenze rilevanti sul rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione”.
Inoltre, secondo Crisafulli i funzionari dell’anagrafe avrebbero commesso anche reato di falso in atto pubblico. Questo perché un documento che indichi una delle due donne come “padre” rappresenta di per sé un’informazione falsa, e dunque altera la realtà. Infine, secondo il giudice il diritto “alla corretta rappresentazione familiare” spetta anche alla bambina e non solo alle due madri. La sentenza a favore della coppia gay, però, non vale per tutti. Il decreto Salvini rimane, ad oggi, ancora in vigore per molte famiglie omosessuali. Diverse associazioni hanno richiesto ai precedenti governi – Conte e Draghi – di modificare le regole prima della sentenza. Ora la palla passa in mano a Matteo Piantedosi.