Il timore di molti polacchi ieri si è avverato. Durante il più grande bombardamento russo sull’Ucraina, ieri due missili sono precipitati in Polonia, nel villaggio di Przewodov. E sono morte due persone. L’inquietudine ha assalito non solo la Polonia, ma anche l’intera Europa, che ha visto avverarsi l’incubo di una guerra mondiale. La Polonia, infatti, è Paese Nato e un attacco avrebbe coinvolto l’intera Alleanza Atlantica. Le cose, però, sembrerebbero molto diverse dagli scenari dei primi minuti. A Varsavia Free.it ha contattato il giornalista italiano Mauro Caterina.
Dalle prime indagini, sembra che quelli caduti nel villaggio polacco a pochi km dal confine ucraino, siano i pezzi di un missile della controaerea di Kiev. L’atteggiamento del governo di Varsavia è stato subito molto prudente e anche il presidente Biden è molto cauto. Ma quali sono, invece, i sentimenti della popolazione polacca?
Com’è stata presa la notizia del razzo russo caduto in Polonia?
“Ieri c’era in ballo la questione emotiva in ballo. Fin dai primi minuti che è uscita la notizia, non si capiva bene se fossero caduti uno o due missili. E la reazione immediata è stata abbastanza forte, anche perché hanno perso la vita due persone. Qui la questione della russofobia non è un mero esercizio retorica ma realtà di fatto. La vicenda di ieri, a prescindere da come davvero è andata, va ad aumentare questo sentimento di odio e paura verso i russi”.
Com’è stato raccontato a caldo quello che era successo?
“Ieri sera, dopo la riunione del Consiglio dei ministri e del consiglio di sicurezza nazionale, Duda e Morawiecki hanno cercato di abbassare i toni. Hanno detto che è necessario aspettare le indagini della procura nazionale polacca. E poi oggi arriveranno in Polonia gli investigatori americani che si recheranno sul posto per raccogliere le prove. E poi stilare un rapporto. Ieri l’atteggiamento dei media era molto aggressivo. Per tutta la serata, giornalisti e commentatori, parlavano della Russia come di Stato terrorista. Dicevano che la Polonia deve prepararsi al peggio. La risposta emotiva era molto forte, insomma”.
Oggi è cambiato il tono?
“Oggi c’è un clima già diverso. Giornali cartacei, on line, radio, tv hanno un atteggiamento più conciliante. Si dice: aspettiamo di capire e poi prenderemo le dovute decisioni. Per esempio, ieri sera si invocava a gran voce l’applicazione dell’articolo 4 dello Statuto della Nato. Oggi già non è più una opzione sul tavolo. Anche da questo punto di vista c’è un ulteriore segnale di de-escalation. Sicuramente, in Polonia e in generale all’interno della comunità polacca quello di ieri è una ennesima prova che dei Russi di non ci si può fidare. Ed è un sentimento che ha unito maggioranza e opposizione. Tutta la questione è presa molto molto seriamente, ma con le pinze per ora. Cioè, si aspettano i risultati dell’indagine, per avere la certezza di quel che è successo. Solo dopo si potrà parlare apertamente”.
La caduta del razzo ha scatenato dibattito sulla guerra in Ucraina?
“Passata la questione emotiva, i polacchi sono ritornati a pensare a un altro problema e cioè quello energetico. Negli ultimi mesi molti hanno attaccato il governo polacco a causa della mancanza di carbone russo, che il governo ha deciso di non importate. La stragrande maggioranza della popolazione polacca, specialmente quella che abita nelle campagne, si scalda col carbone.
Il fatto di non avere più quello russo ha creato una penuria e ha costretto Varsavia a comprarne addirittura dalla Colombia. E, nonostante ciò, ci sono problemi seri di approvvigionamento. Quindi, molti polacchi resteranno al freddo. Un altro problema è quello della migrazione dall’Ucraina”.
Cioè?
“Al di là dei due missili caduti ieri, negli ultimi giorni tutta l’Ucraina è stata bersagliata dai russi che hanno danneggiato le centrali elettriche. Anche in zona molto vicine alla Polonia. Se non si riuscirà a risolvere la situazione, gli ucraini resteranno al buio e al freddo e probabilmente sceglieranno di scappare in Polonia. E questo sarà un aggravante delle problematiche interne che già ci sono nel Paese. Durante la prima ondata di rifugiati, subito da marzo sono arrivati fino a 6milioni di Ucraini. Poi piano piano molti sono ritornati a casa e ne sono rimasti circa 1milione e mezzo di profughi ancora presenti. Se dovesse arrivare una ulteriore ondata, per la popolazione forse sarebbe problematico”.
Nelle cittadine e nei villaggi che si trovano lungo il confine con l’Ucraina c’è più paura della guerra?
“All’inizio aveva molto paura. Ma adesso meno. C’è un paradosso che è tipico di molte situazioni di guerra nel mondo. Da un lato c’è la paura, perché avere un missile che è caduto e ha ucciso due persone terrorizza. Però ora come ora il sentimento è più di ansia verso una nuova ondata di profughi. All’inizio della guerra i polacchi sono stati degli angeli e si sono prodigati corpo e anima. Ma negli ultimi mesi l’atteggiamento è un po’ cambiato. La crisi economica e l’inflazione al 20% inizia a mordere il portafoglio di molti polacchi e questo contribuisce anche a creare meno disponibilità ad aiutare”.
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