Il presidente ucraino Zelensky è a Kherson. Sul suo profilo Telegram ha pubblicato delle foto della sua visita per mostrare la città liberata dalle truppe russe. E riconquistata da Kiev. Sotto le foto, infatti, la didascalia cita “Kherson, Ucraina”, sia in inglese che nella sua lingua madre. Intanto, i fedelissimi di Putin ammettono la sconfitta ma dicono anche che la guerra non è finita. Cosa rappresenta la riconquista di Kherson? Quale evoluzione potrebbe esserci? Al quotidiano online Free.it interviene Gianluca Pastori, docente Storia delle relazioni internazionali Università Cattolica di Milano. E analista dell’Ispi.
Mentre la guerra in Ucraina è a un punto di svolta, in queste ore il ministero della Difesa russo ha confermato che si muove qualcosa in Bielorussia. In particolare, le truppe stanno portando a termine un intenso addestramento al combattimento nelle strutture delle Forze armate di Minsk. Non è ancora chiaro con quale scopo. Sicuramente, però, a questo punto si aprono diversi scenari. Più o meno catastrofici. Al quotidiano online Free.it interviene Gianluca Pastori, analista Ispi.
Cosa rappresenta in questo conflitto la riconquista di Kherson da parte dell’Ucraina?
“Sicuramente questa riconquista è un passaggio importante della guerra. La Russia aveva rivendicato con forza l’identità russa di Kherson; quindi, abbiamo a tutti gli effetti l’Ucraina che, dal punto di vista di Mosca, occupa una parte di territorio russo. Le sorti della guerra, anche dal punto di vista della narrazione, si sono ribaltate”.
Qualche giorno fa una dei consiglieri più vicino a Putin ha ammesso che è questa di Kherson è stata una delle peggiori sconfitte della Russia. Secondo lei questa sconfitta come viene percepita?
“Più che come viene percepita, penso sia più importante capire come verrà raccontata. Se verrà raccontata come un attacco pesante alla madre Patria, che è a rischio, potrebbe essere l’occasione per ricostruire consenso. Intorno a una guerra che, a quanto pare, non è esattamente popolare nell’opinione pubblica russa. Da un altro punto di vista, più real politik, potrebbe rappresentare la sponda d’appoggio per i moderati. Potrebbe essere un po’ una pezza d’appoggio per chi pensa che questa guerra non può avere una soluzione militare. E occorre tornare a mettere il pallino nelle mani della diplomazia”.
Zelensky ha detto che l’obiettivo ora è riconquistare anche Lugansk e Donetsk e poi portare la Russia al tavolo delle trattative. Quanto questo è uno scenario è reale e quanto è propaganda?
“Io credo che dietro a questa dichiarazione ci sia, da un lato, l’esigenza di sfruttare l’inerzia del momento. In questo momento le sorti della guerra sembra che stiano volgendo dalla parte di Kiev. Quindi la voglia di sfruttare questo momento favorevole c’è. Personalmente, sulla questione di Donetsk e Lugansk io vedo molta molta retorica. Anche perché l’Ucraina con quella che è la posizione della coalizione internazionale che la sostiene. Dell’Europa e degli Stati.
“Non so quanto da parte di questi attori ci sia voglia di appoggiare una posizione massimalista da parte di Kiev. Forse più che guardare a Zelensky, bisogna guardare ai leader dei Paesi che sostengono l’Ucraina. Come loro definiscono la vittoria. Vincere significa ripristinare la situazione pre-2014? Significa ritornare al 2014 esclusa, però, la ripresa della Crimea? Pre-novembre 2022? Ci sono diversi modi di interpretare la vittoria dell’Ucraina. Si tratterà di capire quali di questi sarà quella prevalente”.
Quindi, in questo momento, la guerra può andare in una direzione piuttosto che in un’altra? Da un lato può esserci una recrudescenza e dall’altro, invece, un avvio di trattativa?
“Esattamente. Forse l’importante della vittoria di Kherson è proprio questa. Per la prima volta abbiamo davanti la possibilità di diversi esiti. Perché abbiamo le truppe russe fuori dal cuore dell’Ucraina e l’invasione di febbraio non ha pagato. Ora è più chiaro che mai. D’altro canto, abbiamo una Russia che si può sentire minacciata o che può presentarsi come minacciato. Abbiamo degli equilibri di potere interni alla Russia che sono forse abbastanza mobili. Non riusciamo a capire bene cosa le forze armate pensano davvero di questa guerra, che ha dimostrato quanto siano fragili. La guerra ha messo in luce moltissime debolezze che anche gli osservatori internazionali non si aspettavano. Immagino che ciò inneschi un dibattito interno alle forze armate russe. Non so quando, ma credo succederà. Ci sono tanti fattori in movimento in questo momento”.
Tra i fattori in movimento, però, ci sono anche le truppe in addestramento in Bielorussia. Che segnale è?
“Anche in questo caso è difficile da capire quale possa essere il significato. Può essere una manovra diversiva per cercare di costringere l’Ucraina a pensare a una guerra su più fronti. Può essere un tintinnare di sciabole, come nelle scorse settimane è stata la minaccia dell’uso dell’arma nucleare tattica. Attenzione, la guerra sembra risolta ma si può ancora muovere in una direzione che fino a questo momento nessuno si aspettava. Possono essere effettivamente truppe che si stanno preparando per una manovra su un altro fronte. Anche in questo caso, c’è la possibilità di interpretare i segnali in modi diversi”
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