Operazione contro la ndrangheta fra Lazio, Calabria e Sicilia: fra gli arrestati spicca la figlia di un boss attivo a Roma. Le sue intimidazioni lasciano senza parole.
La donna boss risulta fra i 26 arrestati durante l’operazione condotta fra Agrigento, Cosenza e Roma. Sferrato un nuovo colpo all’organizzazione, così da bloccare l’organizzazione mafiosa attiva in diverse regioni. Il blitz è arrivato al termine di indagini condotte per mesi, poi la decisione di procedere con gli arresti.
Non sono bastati gli arresti dello scorso mese di maggio, nel caso specifico riguardanti l’organizzazione della ‘ndrangheta attiva a Roma, adesso sarebbe stato colpito il braccio imprenditoriale. Emergono infatti nuovi dettagli e novità su quanto accaduto alla donna.
‘Ndrangheta a Roma, arrestata figlia del boss | Cosa diceva agli amministratori giudiziari
La donna è figlia del boss Vincenzo Alvaro che avrebbe pesantemente minacciato gli amministratori giudiziari. “Non devi toccare i miei soldi. Sei un infame, servo dello Stato…pezzo di me***“, si legge dalle intercettazioni riportate su la Repubblica che parla di quanto accaduto dopo aver abbassato la saracinesca dell’attività. La donna avrebbe sequestrato per circa 15 minuti un rappresentante dello Stato all’interno di un negozio gestito dalla ‘ndrangheta in zona Tuscolana, a Roma.
Carmela Alvaro è di fatto parte attiva della ‘ndrina romana “radicata sul territorio della capitale, finalizzata ad acquisire la gestione o il controllo di attività economiche nei più svariati settori. Si tratta ad esempio ittico, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti. Si faceva sistematicamente ricorso ad intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività e di numerose ipotesi di attribuzione fittizia di valori“, commentano dalla Dia.
La figlia del Papa terrorizzava tutti
La donna si presentava spesso e volentieri come “la figlia del Papa“, un chiaro messaggio intimidatorio per ottenere quanto richiesto. Il panificio Briciole e delizie era infatti un’attività fittiziamente intestata che, però, fungeva per altro. “Infame, non te lo do i miei soldi. Stanotte vengo e lo brucio, se non posso rimanere io non ci deve stare nessuno….lo brucio questo locale e lo dico così se domattina lo trovate bruciato sapete che sono stata io”, si leggono su la Repubblica i commenti della donna rivolti agli amministratori che chiedevano la restituzione del locale.
Di fatto gli amministratori giudiziari, nominati dopo l’inchiesta Propaggine, sarebbero stati minacciati e terrorizzati dalla donna, coinvolgendo anche il dipendente Besim Letniku. Lo scorso mese di maggio il sequestro, ora gli arresti. Il padre della donna, Vincenzo Alvaro, è legato al Caffè de Paris che si trova in via Veneto. Il locale storico è stato prima preso in mano dal boss e successivamente sequestrato, con tanto di momenti di paura da parte degli amministratori giudiziari. Avrebbero trovato dei lumini accesi, con tanto di minacce.