Un caso di violenza sessuale diventa un problema anche di natura giuridica: cosa c’entra il codice rosa e perché la vicenda è intricata. Tutti i dettagli.
Subisce una violenza sessuale e si rivolge ad una struttura pubblica, ma in questo caso non è possibile attivare il cosiddetto codice rosa per un motivo in particolare. A denunciare quanto accaduto è l’avvocato Alessandra Bocchi, specializzata in materia di abusi dal punto di vista giurisprudenziale.
L’esperto legale ne ha parlato con la vittima dell’abuso durante gli scorsi mesi, con tanto di analisi su quanto accaduto in quei terribili momenti. Tutto parte da un preciso episodio che denunciato d una persona di giovane età. La situazione è intricata e adesso l’avvocato lancia un messaggio ben preciso.
Subisce violenza, ma non si può attivare il codice rosa | La questione
Il giovane protagonista ha 20 anni e durante l’estate scorsa ha conosciuto su un’app di incontri un uomo più grande di lui. Dopo il primo appuntamento scatta la violenza sessuale, il giovane scosso si reca al pronto soccorso per certificare l’abuso subito. Sta di fatto che, però, la procedura del codice rosa non è partita trattandosi di un uomo. Con la legge 5/2013 è infatti presa in considerazione la sola violenza sulle donne.
In questo caso la norma prevede che i centri antiviolenza e le relative strutture accolgano donne vittime di violenza, con tanto di supporto pubblico a titolo gratuito. Dopo la visita in ospedale, infatti, il 20enne è stato invece indirizzato verso il consultorio più vicino. “Non è la struttura adatta per un caso del genere. Stiamo parlando di un ragazzo molto fragile, timido, non supportato dalla famiglia, non in grado da solo di gestire un percorso che gli consenta di elaborare il trauma e senza i mezzi economici necessari per rivolgersi ad una struttura privata“, ha ribadito l’avvocato.
La proposta dell’avvocato
Non sarebbe stato possibile nemmeno recarsi presso il Centro di aiuto per il CeAv di Vicenza (Centro Antiviolenza). “È davvero incredibile che un servizio di supporto pubblico, specie per determinati casi, non venga esteso anche a soggetti maschi tanto più che non si tratta di casi isolati. La legale legale racconta di seguire due ragazzi, vittime di violenza sessuale, che il sistema lascia scoperti“, ha spiegato Alessandra Bocchi.
L’esperta in materia di giurisprudenza non si è fermata qui e ha annunciato di voler andare oltre per risolvere la questione una volta per tutte. “Sto preparando una istanza scritta indirizzata alla Regione del Veneto, specificatamente agli assessori Lanzarin e Donazzan per armonizzare la normativa regionale. Essa deve coinvolgere nelle azioni di supporto non solo le donne ma anche gli uomini vittime di violenza sessuale. Bisogna creare un tavolo di lavoro per poter assistere in loco le vittime di abusi sessuali, di qualunque sesso, attraverso un percorso idoneo terapeutico e psicologico“, commenta all’agenzia ANSA.