Dopo mesi dalla morte, arrivano la conclusioni dei pm sul caso, che risulta ancora pieno di lati oscuri, sulla morte di Liliana Resinovich. Nelle indagini resta però un inquietante interrogativo.
“Liliana Resinovich è deceduta per “morte asfittica tipo spazio confinato (plastic bag suffocation), senza importanti legature o emorragie presenti al collo, e il decesso risalirebbe a 48-60 ore circa prima del rinvenimento del cadavere stesso“. Sono queste le conclusioni dei consulenti del pm, Fulvio Costantinides e Fabio Cavalli, incaricati dalla Procura di Trieste di indicare l’epoca della morte e le cause che l’hanno determinata. La cui consulenza è stata depositata, come ha reso noto la stessa Procura della Repubblica.
Sono due i dati importanti nel complesso quadro della vicenda, ma resta comunque un inquietante interrogativo, al quale finora nessuno ha saputo dare una risposta. Liliana Resinovich scompare da casa, a Trieste, il 14 dicembre scorso, ma il suo corpo viene trovato il 5 gennaio nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico del rione San Giovanni. Poco distante dalla abitazione che condivideva con il marito, Sebastiano Visintin. Dove è stata la donna in quei venti giorni?
A casa aveva lasciato i due telefoni cellulari, alle 8.30 nel popolare quartiere dove viveva nessuno la nota; inoltre le indagini partono in ritardo e forse questo ha determinato la perdita di elementi come i video di telecamere fisse. Qualcuno aveva ipotizzato che fosse stata uccisa e il corpo fosse stato conservato in un frigorifero, ma i consulenti su questo punto sono molto chiari.
Dopo il confronto con i loro colleghi nominati dalle altre parti, hanno stabilito che “il cadavere non presenta lesioni traumatiche possibili causa o concausa di morte, con assenza per esempio di solchi e/o emorragie al collo, con assenza di lesioni da difesa, con vesti del tutto integre e normoindossate, senza chiara evidenza di azione di terzi“. Ovvero non c’è stato l’intervento di nessuno.
Una vicenda che lascia quindi più di un lato oscuro, nonostante gli esami svolti il quadro giudiziario sembra congelato e non presenta nessuna novità che possa aprire uno spiraglio. Per questo, l’ipotesi del suicidio è l’unica che rimane in piedi, non trovando riscontri ad altre soluzioni. Il corpo di Liliana fu trovato vestito, la testa infilata in due sacchetti di plastica del tipo da cucina, uno dentro l’altro, e il corpo in due grandi sacchi della spazzatura, uno infilato dai piedi, l’altro infilato dalla testa.
A questo punto, la Procura dovrà valutare “se le indagini preliminari possano dirsi completate o se invece siano opportune ulteriori attività onde non lasciare nulla d’intentato per fare piena luce sull’episodio“.
Nella nota, però, il Procuratore, Antonio De Nicolo, spiega che nel decidere bisognerà considerare i cambiamenti che verranno introdotti dalla imminente entrata in vigore della riforma penale, e le carenze nell’organico dei magistrati. Come a dire che finora sono state esplorate tutte le possibilità, ora diventa inutile impiegare altre risorse alla ricerca di una verità alternativa, che non esiste.
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