Dopo la prima settimana di insediamento e nomine, ora il governo Meloni si deve occupare dei veri temi spinosi. Tra i dossier aperti sul tavolo del Cdm c’è sicuramente quello delle pensioni, da affrontare il prima possibile. C’è una scadenza, incombente, infatti.
Se non si interverrà prima della fine dell’anno, il 1 gennaio 2023 tornerà in vigore la legge Fornero e nessuno lo vuole, né il governo, tantomeno i sindacati.
Cgil, Cisl e Uil vorrebbero un superamento dell’obbligo di pensione a 67 anni e si stanno studiando varie opzioni per arrivare una metodologia condivisa. Una delle proposte al vaglio è quella che prevede di incentivare il lavoratore a restare oltre i 63 anni, magari puntando su sgravi contributivi. Potrebbe essere questa la proposta che il ministero del Tesoro sta valutando per capirne la fattibilità dal punto di vista economico.
La questione delle cifre per affrontare il tema pensioni è tutt’altro che trascurabile. Anche considerando che per quasi tutte le altre opzioni, proposte anche in campagna elettorale dalla Lega, non ci sono abbastanza soldi. Per ora, sembra che circa 21 miliardi di euro potrebbero essere recuperati grazie all’aumento del deficit programmato fino al 4,5% rispetto al Pil nel 2023.
Ipotizzando una crescita dello 0,6%, certificato dall’Ufficio parlamentare di bilancio. Tutto ciò, secondo gli esperti, porterebbe a uno scostamento di 1,1 punti percentuali in confronto al 3,4% tendenziale. Se questi numeri saranno confermati, dunque, l’esecutivo di Giorgia Meloni potrebbe avere a disposizione ben 5 miliardi di usare per prorogare per finanziare quota 102, opzione donna e ape sociale. Ma anche, eventualmente, per avviare la flat tax con un’aliquota agevolata al 15%.
“Età minima per andare in pensione 61 anni con 41 di contributi, è quota 102″, ha spiegato ieri Matteo Salvini. “Per realizzare il progetto nel 2023, secondo i calcoli dell’Inps serve poco più di un miliardo. Lo recupereremo sospendendo per sei mesi il reddito di cittadinanza a a quei 900mila percettori del reddito che sono in condizioni di lavorare e che già lo percepiscono da diciotto mesi”, ha detto il leader della Lega.
La proposta già agita le opposizioni, in primis il M5S che difende a spada tratta il reddito di cittadinanza. Ma sul piatto ci sono ancora altre opzioni. Come la quota flessibile, proposta dal ministro del Lavoro Marina Calderone. L’ipotesi è di mandare in pensione 470mila lavoratori tra i 61 e i 66 anni con 35 anni di contributi e una riduzione proporzionale dell’assegno.
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