Dall’Istat arrivano brutte notizie. A ottobre si assiste a una forte accelerazione dell’inflazione che ad ottobre sfiora il 12%. Secondo le stime preliminari, l’indice nazionale dei prezzi al consumo, al lordo dei tabacchi, registra a ottobre un aumento del 3,5% su base mensile. E dell’11,9% su base annua. Partendo da +8,9% del mese di settembre. Secondo l’istituto di statistica, bisogna risalire al marzo 1984 per ritrovare un dato pari a +11,9%. Ma quali sono le conseguenze per i cittadini? A Free.it Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Secondo le stime, i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano dal +10,9% al +12,7%. E quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +8,4% a +8,9%. I prezzi dei cibi lavorati passa dall’ +11,4% al +13,1%), sia lavorati e il prezzo dei cibi non lavorati dall’ +11,0% a +12,9%. Tutto ciò comporta una spesa per le coppie con 2 figli di 4mila euro.
Oggi l’Istat ha diffuso i dati provvisori sull’inflazione annua passa dall’8,9% di settembre a +11,9% di ottobre. Cosa ne pensa?
“E’ un disastro! Un rialzo congiunturale pazzesco! L’inflazione stava già dissanguando gli italiani, ma ora la situazione è diventata davvero drammatica! Le famiglie da troppo tempo stavano attingendo ai loro risparmi per poter pagare la spesa e le bollette della luce e del gas e ormai i salvadanai sono vuoti. Il Governo deve intervenire immediatamente! Non si può attendere il varo della manovra per aiutare le famiglie”.
Cosa serve?
“Urge un provvedimento retroattivo sulle bollette della luce di questo trimestre, ad esempio annullando l’Iva del 10%, serve aumentare subito il reddito disponibile di chi guadagna meno di 35 mila euro come ha fatto Draghi con il bonus di 200 euro, ma, vista l’inflazione di oggi, quadruplicando l’importo a 800 euro. Vanno anche detassate tutte le tredicesime, se non si vuole un Natale in bianco. Una presa in giro, invece, il taglio dell’Iva al 4% sui prodotti alimentari, che avrebbe un effetto nullo sui consumatori e andrebbe a solo vantaggio dei commercianti che se ne guarderebbero bene dal ridurre i prezzi di appena il 3,846% in questo momento di prezzi impazziti e costantemente al decollo”
Cosa emerge dal dettaglio dei dati dell’Istat?
“Per cibo e bevande, che segnano un +13,5%%, una famiglia pagherà in media 761 euro in più su base annua. Una batosta che sale a 1038 euro per una coppia con 2 figli, 937 euro per una coppia con 1 figlio. Nel caso delle coppie con 3 figli, poi, si ha una mazzata record di 1240 euro nei dodici mesi. Per quanto riguarda l’inflazione nel suo complesso, il +11,9% significa, per una coppia con due figli, una stangata complessiva che sfonda la soglia dei 4 mila euro.
Una stangata che arriva, in particolare, a 4.059 euro su base annua, di cui 2.219 per abitazione, elettricità e combustibili. 1.073 per il solo carrello della spesa. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva annua è pari a 3.770 euro. In media per una famiglia il rincaro è di 3.324 euro, 2.016 per l’abitazione, 789 per il solo carrello della spesa. Il primato spetta ancora una volta alle famiglie numerose con più di 3 figli, con una scoppola pari a 4.561 euro: 1.275 per i beni alimentari e per la cura della casa e della persona”.
Ieri, per far fronte all’inflazione, la Bce ha alzato i tassi di interessi. Secondo lei è un buon segnale?
“E’ una pessima notizia! Considerando l’importo e la durata media di un mutuo, un rialzo dei tassi di 75 punti percentuali corrisponde ad un aumento della rata, per chi ha un tasso variabile, pari a 52 euro al mese. Una stangata annua pari a 624 euro. Un rincaro che, nel caso di piano di ammortamento alla francese, vale per chi ha sottoscritto da poco il contratto. E per chi ha ancora una quota di interessi molto alta, ma che ovviamente cala man mano che il mutuo si avvicina alla scadenza. Si paga quasi soltanto la quota capitale.
E’ evidente che la Bce non poteva fare altro, vista l’inflazione al galoppo. Ma il problema è che si interviene dal lato della domanda e della politica monetaria, quando il problema è dal lato dell’offerta e della politica fiscale. Sarebbe certo più utile per calmierare i prezzi creare un indice alternativo al Ttf entro la fine dell’anno. E non entro il 31 marzo come attualmente previsto dall’Ue”.
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