Come cambierà in Italia il tetto al contante? E quali sono i tetti in vigore negli altri Paesi europei? Quello che c’è da sapere dopo le parole del presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Senato
Il tetto all’uso del contante è tornato divisivo dopo la proposta di legge della Lega che prevede di farlo salire a 10mila euro. A confermarlo è stata la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo intervento nell’aula del Senato in occasione del voto di fiducia. Si parla di un cambio radicale di rotta per una misura che prevedeva invece una discesa dal prossimo 1° gennaio 2023 dagli attuali 2mila a mille euro.
Tra i sostenitori di un tetto basso e i fautori del suo innalzamento le critiche proseguono senza sosta. C’è chi è convinto che alzare il tetto al contante possa favorire il riciclaggio e l’evasione. Ma c’è, invece, chi dice che non ci sono evidenze di un effetto benefico. Lo studio più noto e menzionato a tal proposito è quello sviluppato nell’ottobre del 2021 degli economisti della Banca d’Italia dal titolo evocativo “Pecunia olet”.
Secondo lo studio “un aumento della quota di transazioni in contanti determinerebbe, a parità di condizioni, un incremento dell’incidenza dell’economia sommersa. Le metodologie adottate presentano alcuni limiti ma il lavoro mostra che le restrizioni all’uso del contante possono essere efficaci nel contrasto all’evasione”. In quel caso si analizzava l’innalzamento del tetto al denaro contante voluto dal governo Renzi per concludere che in parte c’era un legame tra sommerso e banconote. In modo particolare, si sottolineava che l’1% di transazioni cash in più fa aumentare il sommerso tra lo 0,8 e l’1,8%.
Tetto al contante: cosa cambierà in Italia e come funziona in Europa
Sul versante opposto, ovvero tra coloro che invece non vogliono un tetto contante basso prevale un unico argomento: il confronto con gli altri Paesi europei. In tal caso viene sottolineato che le giurisdizioni che non pongono limiti sono molte. Per esempio, non hanno un limite nove Stati membri: Germania, Olanda, Lussemburgo, Austria, Irlanda, Estonia, Finlandia, Ungheria e Cipro. Mentre, la Croazia ha il tetto di 15 mila euro. La Repubblica Ceca di 10 mila. Francia, Spagna e Svezia di mille euro. La Lettonia di 7.200 euro.
Poi, come ha spiegato ieri Valdis Dombrovskis, vice presidente della Commissione europea: “I tetti variano da Paese a Paese, vanno dai 500 euro in Grecia a oltre 10 mila euro e quello che manca in Europa (e all’Italia) è un’organizzazione marcata. Il contante deve essere disponibile. Avevamo proposto dei tetti a livello Ue. Ma non ci sono accordi per ora, tocca agli Stati membri decidere. Come Commissione, preferiremmo dei massimali più bassi possibili”.
Ma nello specifico, dunque, cos’è il tetto al contante? Con il termine si indica la misura economica fissata dai governi sul denaro contante. In poche parole lo Stato fissa un limite al di sopra del quale non è possibile effettuare transazioni in contanti. Da specificare che le limitazioni all’uso del contante in Italia esistono dal 1991. Da allora, la soglia (minima e massima) è stata modificata diverse volte dai governi che si sono susseguiti. Per esempio, il governo Conte II, con il “decreto Fiscale” ha previsto una riduzione da 3.000 a 2.000 euro da intendersi progressivamente a partire dal 1° luglio 2020 fino a scendere a 1.000 euro dal 1° gennaio del 2022. Sul tema è intervenuta in passato anche la Bce, contestando attraverso una lettera indirizzata all’Italia “di essere intervenuta sulla materia senza prima consultare l’autorità monetaria dell’Eurozona”. In quel caso, l’interrogativo verteva su dove porre il tetto e sui suoi reali effetti anti-evasivi.