E’ arrivata la sentenza di primo grado nei confronti del pusher ritenuto colpevole della morte di Maddalena Urbani più di un anno fa. Per lui una condanna pesantissima.
Il cognome Urbani è balzato agli onori della cronaca per la notorietà acquisita dal medico che per primo ha isolato la Sars. Adesso, dopo il tragico caso di overdose del marzo 2021, un’altra Urbani ha riempito le colonne dei giornali. Si tratta della figlia del medico di cui si è accennato prima: Maddalena.
La giovane è morta a seguito di assunzione di sostanze stupefacenti e farmaci nell’appartamento di un pusher. Dopo un anno e mezzo dal drammatico accaduto ecco giungere la sentenza dei giudici con cui viene condannato Abdulaziz Rajab.
Morte di Maddalena Urbani: le motivazioni della sentenza
I giudici hanno condannato lo spacciatore Abdulaziz Rajab per la “conseguenza letale delle sue scelte egoistiche”. Per lui un verdetto che lo consegna alle patrie galere per i prossimi 14 anni. Maddalena Urbani è morta per un’overdose nell’appartamento del siriano, nei pressi di via Cassia a Roma, senza essere soccorsa. Assieme all’uomo è stata condannata a due anni anche l’amica (Kaoula El Haouzi). Questa è stata ritenuta colpevole di non aver chiamato i soccorsi.
Una sentenza da omicidio volontario con dolo eventuale per la morte della 21enne. Al riguardo i legali della famiglia hanno rilasciato una dichiarazione: “Il processo ha accertato che se soccorsa la ragazza si sarebbe salvata. Gli imputati hanno avuto 15 ore per allertare il 118 ma lo hanno fatto quando era già morta”. Al procedimento si erano costituiti parte civile la madre e il fratello della ragazza. A seguito della sentenza si è disposto una provvisionale di 170 mila euro per i congiunti della vittima.
La dinamica della tragedia
Maddalena Urbani è stata trovata morta nell’appartamento di Rajab, il quale era già ai domiciliari per spaccio. Nella sua abitazione sono state rinvenute anche diverse confezioni di psicofarmaci. La polizia ha in seguito sequestrato anche dosi di eroina, metadone e psicofarmaci. Grazie al sequestro del cellulare di Maddalena gli inquirenti sono risaliti alle chat che hanno fatto luce sulla vicenda. Una in particolare portava il nome “Zio Cassi”, testimoniando così la conoscenza tra l’arrestato e la giovane.
Attraverso gli esami dei tabulati si sono potute anche acquisire alcune dinamiche. Per esempio quelle volte a dimostrare che la notte della tragedia il 64enne avrebbe avvertito due amici nel tentativo di soccorrere la Urbani. Si tratta di un italiano e un rumeno. Questi venivano chiamati “medico” per via di alcuni esami di Medicina sostenuti dall’uomo già tossicodipendente.
Quindi l’accertamento degli investigatori che l’iniezione di adrenalina fatta il giorno dopo dal “medico” alla vittima si è poi rivelata inutile per il decesso della ragazza. Diverso invece il tentativo del romeno la notte precedente, mentre la ragazza era ancora vita. L’uomo avrebbe praticato un massaggio cardiaco e consigliato di chiamare i soccorsi. Cosa poi avvenuta, ma con un giorno di ritardo. A telefonare al 118 è stata l’amica con cui la Urbani si sarebbe recata a Roma la sera del 26 marzo.
Durante la conversazione con il personale sanitario El Haouzi avrebbe riferito che il malore di Maddalena sarebbe stato “causa del troppo alcool ingerito”. Ma che poi si sarebbe sentita meglio una volta giunta nell’appartamento del condannato. La Procura di Roma aveva chiesto e ottenuto dal Gip un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del pusher. Col suo comportamento si è reso responsabile della morte di Maddalena. “Non ha chiamato i soccorsi e ha fatto intervenire persone non qualificate”. Queste le motivazioni della condanna.