Dopo il tracollo della Lega alle elezioni del 25 settembre, nel partito è iniziato il processo a Matteo Salvini. Ieri il consiglio federale ha messo sul tavolo tutte le criticità ma, almeno per ora, le sciabole sono tornate nelle fodere. La resa dei conti è rimandata a data de destinarsi, per evitare di affossare ancor di più il partito, in vista delle elezioni regionali. Ora la partita si gioca a Roma. E tocca alla Meloni capire come coinvolgere Salvini senza, però, lasciargli troppo margine. Al quotidiano online Free.it Roberto D’Alimonte, politologo e docente di sistemi politici italiani alla Luiss di Roma.
Nella Lega, dopo la colossale sconfitta alle elezioni, hanno rialzato la voce i vecchi leoni della tradizionale Lega Nord. Maroni, Bossi, Castelli, Grimoldi. La vecchia guardia è furiosa con Matteo Salvini che ha completamente sbagliato la campagna elettorale e non ha saputo tenersi gli elettori. Dall’analisi del voto, infatti, è emerso che una grossa fetta di voti per la Meloni sono arrivati proprio dalla Lega, scontenta e arrabbiata con il suo leader. Ora l’incognita è cosa concedere a Salvini, sia a Milano in via Bellerio, sia a Roma, in Parlamento. Al quotidiano online Free.it Roberto D’Alimonte, politologo e docente di sistemi politici italiani alla Luiss di Roma.
Ieri c’è stato il consiglio federale per l’analisi del voto. Con Salvini sotto processo. Cosa è successo alla Lega?
“Queste elezioni della Lega sono andate malissimo, ci sono pochi commenti da fare. Un partito che tre anni fa è arrivato al 34% e ora oggi non arriva al 9% ha qualcosa che non va. Nelle regioni del nord, che sono la sua culla storica, è addirittura il terzo partito, nemmeno il secondo. In Veneto in Lombardia è stato un disastro. C’è evidentemente qualcosa che non funziona più.
E questo qualcosa è la leadership. Il partito ormai è amorfo. Non è né carne, né pesce. Non è diventato il partito dei moderati italiani, la nuova Forza Italia, e poteva esserlo. E non è neanche il partito dei populisti di destra. La Lega si è contaminata con il M5S con il governo Conte 1. Poi si è contaminata con il Pd nel Conte bis. E l’alleanza con 5S e Pd è una cosa che molti elettori non hanno mai digerito. La diagnosi è questa”.
Adesso Salvini è in estrema difficoltà. Ha concesso i congressi ma ha chiesto una tregua alle critiche dalla base. Quanto durerà?
“Non saprei proprio anche perché al momento non c’è un leader che si sia dichiarato disponibile a sostituirlo. Sì, si parla di Zaia, di Fedriga, di Giorgetti, però non è ancora chiaro chi possa sostituire Matteo Salvini. Certo è che lui non si dimetterà come ha fatto Letta nel Pd. Vedremo. In realtà, dopo tutto questo, nonostante la sconfitta, non so nemmeno se verrà davvero sostituito”.
C’è anche in ballo la partita del governo. Anche Giorgia Meloni sta cercando di capire dove piazzare Matteo Salvini per blindarlo. Si parla del vicepremierato senza ministeri. Salvini chiede ancora per sé una poltrona importante…Fdi glielo concederà?
“Sembra che, in questo momento, Salvini sia un problema in qualunque casella venga spostato. Bisogna capire cosa succede tra meno di un mese, quando si inizierà concretamente a formare il governo. Sicuramente Giorgia Meloni sta studiando la composizione e vedremo dove Salvini verrà collocato. Negli ambienti ben informati romani si diceva anche al ministero dell’Agricoltura, ma nessuno lo sa.
Elezioni, politologo Roberto D’Alimonte a Free.it | “Nei prossimi giorni ci sarà un negoziato, un tira e molla.”
Adesso non lo sa nemmeno la Meloni. Nei prossimi giorni ci sarà un negoziato, un tira e molla. Teniamo presente che la Lega è comunque il secondo partito della coalizione; quindi, non è che Salvini possa essere emarginato completamente. Sicuramente non andrà quello che voleva, cioè il Viminale, però l’Agricoltura potrebbe essere una posizione possibile”.
Secondo lei Matteo Salvini ha sbagliato la sua comunicazione. Quanto ha influito nella sconfitta il fatto che Luca Morisi non fosse più alla guida della “bestia”?
“Poco. Non è questione di comunicazione. Nel nostro Paese ti logori facilmente. L’elettorato di destra le ha provate tutte: Berlusconi, Grillo, nel 2013 e nel 2018. Poi ha provato Salvini e ora vuole provare la Meloni. Non c’è niente da fare. Salvini ha fatto delle scelte di governo, con Conte e con Draghi, che gli sono costate. Perché poi all’interno di questi governi non è riuscito a trasformare la Lega.
È vero, Salvini è quello che ha cambiato la Lega nord in Lega nazionale, ma nel frattempo, come dicevo prima, non è diventata né carne né pesce. Era al governo per trasformare il partito in qualcosa di diverso dal partito delle felpe e non è andata benissimo. E poi non è più neanche il partito delle felpe. La Lega è rimasta lì, in mezzo al guado e quindi l’elettorato ha guardato alla Meloni. Ormai è accertato che la maggior parte dei voti per lei sono arrivati dalla Lega”.
Quindi, non è una questione di temi?
“No, anche perché le tematiche della campagna elettorale usate da Salvini e dalla Meloni non sono molti differenti. C’è stata solo qualche differenza sull’Ucraina, sui rapporti sulla Russia. Ma per il resto, gli argomenti erano quelli. E proprio per questo, gli elettori questa volta hanno preferito votare per qualcuno di nuovo. E per un partito che è sempre stato all’opposizione. Salvini, appunto, paga il fatto di essere già stato al governo”.