Abusa dell’amica ubriaca per poi lasciarla sul ciglio della strada: la decisione del giudice non lascia dubbi. La ricostruzione dell’accaduto è sconvolgente.
Ha approfittato delle precarie condizioni di un’amica, per abusare di lei mentre era in uno stato di annebbiamento dopo aver bevuto una birra e fumato una canna. Inevitabili le indagini sul caso di un 27enne, da qui le decisioni del giudice che si è espresso anche durante il secondo grado di giudizio.
Il giudice si è espresso e lo ha condannato anche nel secondo grado di giudizio. La conferma è arrivata anche in questa circostanza. Non mancano a tal proposito ulteriori dettagli sulla vicenda analizzati con evidenti difficoltà dalla vittima. Il ragazzo 27enne avrebbe abusato dell’amico mentre era non consapevole di quanto stava accadendo.
Il ragazzo di 27 anni è stato condannato alla pena di 5 anni e un mese per l’abuso ai danni dell’amica ubriaca. L’episodio risale al 26 maggio 2017, a distanza di anni è invece arrivata la sentenza di secondo grado. Il primo grado è stato confermato il 5 luglio 2021, ora il giudizio che conferma quanto deciso in precedenza dal Collegio del Tribunale di Rovigo. A riportare la notizia è Il Gazzettino.
Le indagini avrebbero analizzato quanto racconto dalla vittima, con tanto di accertamenti dopo l’episodio accaduto. La giovane avrebbe bevuto prima una birra e poi fumato una canna, successivamente si sarebbe invece sentita male, perdendo quasi conoscenza. Ed è proprio in quel caso che il 27enne avrebbe consumato un rapporto sessuale con la giovane quasi svenuta. Ma non finisce qui perché la storia va oltre.
L’uomo avrebbe cercato di far riprendere la ragazza, ma non ricevendo alcun segnale l’avrebbe lasciata vicino casa di una sua zia. Sul ciglio della strada, in evidenti precarie condizioni, è stata subito soccorsa. Adesso non resta che attendere l’eventuale pronunciamento della Cassazione per la sentenza definitiva. L’ipotesi di reato è quella di violenza sessuale.
Dopo qualche momento di paura, infatti, la giovane avrebbe inviato la posizione sul cellulare del fratello, da qui la chiamata dei soccorsi. Proprio grazie alla ricostruzione della vittima, pur ricordando frammentariamente alcuni momenti di quanto accaduto, l’accusa avrebbe analizzato il terribile episodio. Insieme alla condanna, inoltre, conferma anche in Appello la richiesta di un risarcimento pari a 15mila euro. Adesso bisognerà comprendere se ci sarà il ricorso alla Corte di Cassazione.
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