È passata dalla Procura direttamente al banco degli imputati finendo a processo con l’accusa di usura. La cancelliera avrebbe gestito gli affari di famiglia, un giro di usura, anche dagli uffici di un magistrato
L’accusa per Gioia Boldrini è usura. La ex cancelliera della Procura di Roma rischia di finire a processo. Arrestata il 6 luglio scorso la donna era appena passata negli uffici dell’Antimafia (Dna). Per la gravità del fatto, sia il procuratore aggiunto Giovanni Conzo che il pm Francesco Basentini hanno richiesto il giudizio immediato saltando la fase preliminare.
Lo scandalo che ha coinvolto gli uffici della Procura romana e in particolare la cancelliera Gioia Boldrini è di portata elevatissima. Secondo i pm, la ex dipendente avrebbe portato avanti un giro di usura direttamente dagli uffici lavorativi.
Accusata di estorsione, associazione a delinquere e usura, la Boldrini non avrebbe agito da sola ma sarebbe stata aiutata anche dall’ex marito Giovanni Garofalo, dal figlio Valerio Garofalo e da una terza persona, il fidato collaboratore Maurizio Cortellini, noto come “l’ingegnere”. Il traffico illecito di denaro sarebbe stato messo su con l’inizio della pandemia da Covid-19.
Tutto è partito in piena pandemia fra la primavera 2020 e quella del 2021. Gioia Boldrini agiva indisturbata con l’aiuto di altre tre persone, “soci” nel giro di usura, chiedendo soldi ai poveri ristoratori e commercianti romani in difficoltà economiche. Il giro delittuoso avveniva tra i quartieri romani di Garbatella, Trullo e viale Marconi.
A denunciare il giro mafioso un piccolo commerciante della Garbatella dopo essersi rivolto al figlio 38enne della cancelliera, Valerio, chiedendo un aiuto economico. L’uomo inizialmente ha concesso il “prestito” ma subito dopo gli interessi sono schizzati alle stelle e Valerio ha iniziato a minacciare l’esercente romano di morte se non avesse pagato. Il “pizzo” arrivava così nelle tasche del 38enne che abitava a Tenerife, attraverso l’amico fidato e collaboratore della Boldrini, Maurizio Cortellini. Scoperto il giro di usura, la gip Annalisa Marzano ne ha disposto gli arresti domiciliari definendo la donna “Camaleontica”.
La ex dipendente di piazzale Clodio avrebbe dedicato tempo all’attività illecita anche durante l’orario lavorativo e come dichiara la gip: “pienamente consapevole del contesto nel quale agiva”. Subito dopo l’arresto avvenuto il 6 luglio scorso, il Tribunale del Riesame, il 18 agosto, aveva respinto la richiesta da parte della difesa di Gioia Boldrini di tornare in libertà, sottolineando che l’indagata si sarebbe mostrata indifferente in tutto, in modo particolare al contesto lavorativo che la donna operava da anni.
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