Mancano solo quattro giorni al voto del 25 settembre. Giovedì ci sarà il comizio conclusivo di Giorgia Meloni e dei suoi alleati. Venerdì invece, sarà il Pd con la sua coalizione a chiudere la campagna elettorale. Un mese e mezzo, dalla caduta del governo Draghi al voto.
E’ stata una cavalcata vissuta in piena estate e in piena emergenza siccità, tra caro energia, caro benzina e inflazione. Quanto conteranno questi ultimi giorni? A Free.it Piero Ignazi, politologo, ordinario al dipartimento di Scienze politiche e sociali all’università di Bologna.
Campagna elettorale agli sgoccioli per i leader politici. E’ in queste ore che i partiti devono lanciare gli ultimi messaggi, gli appelli, prima di chiudere. Non è escluso che la tensione possa aumentare, soprattutto al ridosso del fine settimana, quando sia la coalizione di centrodestra sia la coalizione di centrosinistra faranno i discorsi finali in piazza a Roma. A Free.it Piero Ignazi, politologo, ordinario al dipartimento di Scienze politiche e sociali all’università di Bologna.
Cosa succederà in questi ultimi giorni?
“Mi aspetto un aumento della polemica, come è sempre stato. Sono i giorni più caldi della campagna elettorale, quelli in cui ci si gioca il tutto per tutto per tutti. Non escludo che possano esserci duri e botta e risposta o botte da orbi. Intanto, però, non faccio previsioni sull’esito. Non c’è alcuna certezza su chi vincerà. Ci sono molte variabili ancora che possono cambiare il risultato. C’è, per esempio, un fortissimo recupero del M5S al sud”.
I temi che sono stati trattati dalla campagna elettorale sono stati efficaci a convincere gli elettori?
“La destra sì, è stata in grado di andare diritta sui temi, sono stati efficaci. La sinistra no. Quindi l’elettorato che guardava ai programmi può essersi sentito maggiormente coinvolto da quei partiti lì. L’elettorato di sinistra potrebbe astenersi a meno che non venga fatto un appello al voto utile. Per bloccare la prospettiva di un governo di destra. Se invece dovesse guardare solo ai temi della campagna elettorale, certamente non sarebbe molto motivato e mobilitato”.
Se dovesse vincere la destra, secondo lei sarà in grado di formare un governo stabile? La coalizione si sfalderà su alcuni temi?
“Ci sono già due ipotesi. La prima è che vinca, la seconda è che facciano un governo che poi si sfalderà. Non lo so, nessuno può davvero saperlo. So per certo che il potere è un grande collante e che l’euforia di una eventuale vittoria tenderà a unirli. Poi, a lungo andare, potrebbe emergere delle linee di frattura nella coalizione su alcuni temi come l’autonomia differenziata, la politica nei confronti della Russia, le posizioni sull’Europa”.
Ecco, a proposito di Europa, è preoccupato per la posizione che eventualmente dovesse prendere il governo italiano?
“Sono molto preoccupato, moltissimo. Di fronte a posizioni di tipo sovranista, gli altri Paesi che in questi anni ci hanno concesso tutto e di più potrebbero cominciare a dire: “Ah beh, allora fate voi. Non avete bisogno allora cominciate a ridurre il debito estero, il debito pubblico”.
Potrebbero iniziare a dire: “Ok, allora cominciate a fare politiche di rientro”. Con tutto quello che significa. Sarebbe un disastro. Anche sul Pnrr, se il nuovo governo decidesse di metterlo in discussione, non arriverebbero più altre tranche di soldi. Fondi che per noi sono fondamentali”.
Pensa che ci sarà un forte astensionismo?
“Quello dell’astensionismo è un problema di lunga data non solo in Italia ma anche in Europa. E in Italia non abbiamo mai raggiunto certi drammatici risultati come in altri Paesi. Ma è sicuramente un dato. Staremo a vedere. Il problema è che si è creata una forte spaccatura tra ricchi e poveri e le fasce sociali più deboli non si sentono rappresentate da nessun partito. Soprattutto in questa campagna elettorale così fiacca. E quella fascia di popolazione potrebbe non andare a votare. Purtroppo, il risultato sarebbe che proprio i più deboli sarebbero ancor meno rappresentati di adesso”.
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