Mancano sei giorni al voto del 25 settembre. Sono, dunque, gli ultimi lampi di campagna elettorale per i partiti, che dovranno giocarsi il tutto per tutto. I leader politici stanno battendo l’Italia da nord a sud, portando avanti la loro tesi. O, più che altro, sbraitando contro gli avversari.
Più che di temi, infatti, si è parlato di recriminazioni e accuse in questo mese e mezzo. Mentre dei problemi della gente si è parlato appena. Cosa potrà cambiare in quest’ultima settimana? Al quotidiano online Free.it Carlo Galli, politologo dell’Università di Bologna.
Rush finale per questa insolita campagna elettorale capitata per caso in piena estate. Letta, Meloni, Calenda, Conte sanno che è in questi ultimi giorni che si tenta il passo lungo. Per convincere tutti coloro che ancora non hanno scelto chi voteranno domenica prossima. E allora, probabilmente, si alzeranno i toni e l’asticella del possibile potrebbe alzarsi ulteriormente. Tutto è ancora possibile. A Free.it Carlo Galli, politologo dell’Università di Bologna.
Cosa potrà succedere in quest’ultima settimana di campagna elettorale?
“Se siamo pessimisti, dobbiamo aspettarci colpi di scena, tentativi di ogni genere di determinare in modo surrettizio l’esito delle elezioni. Per esempio, iniziative della magistratura, di Paesi esteri o anche iniziative di cittadini che intervengono vantando o accusando qualche politico di primo piano di qualcosa di nefasto. Ci possiamo aspettare ancora autorevoli forme di pressione da una parte e dell’altra, in cui qualcuno dall’estero ci spiega quali rischi corriamo se votiamo in una certa direzione, qualunque essa sia.
Se siamo ottimisti, la campagna continua così, in modo piuttosto deludente. Con tentativi di parlare nel merito di qualcosa o, invece, con tentativi di demonizzare gli avversari. Probabilmente le cose andranno secondo una via di mezzo. Ci sarà qualche borbottio, qualche colpo di scena non determinante. E ci sarà ancora lungamente una serie di affermazioni tipo: “Noi siamo sicuri di vincere”, oppure: “Il nostro avversario è un incapace, è un delinquente, è un pericolo per la democrazia”.
Secondo lei, i temi resteranno gli stessi?
“Il punto vero è che un’analisi reale dei problemi del nostro Paese, anche dei problemi a brevissimo termine, nessuno l’ha fatta seriamente. Dal 26 busseranno alla porta problemi enormi: il crollo prevedibile della nostra capacità economica, la crisi energetica. E poi tutto ciò che deriva direttamente o indirettamente dalla crisi Ucraina. Di tutto questo si parla solo per demonizzare l’avversario, non per proporre soluzioni. Men che mai si tenta di dare qualche risposta al problema di fondo”.
Dal suo punto di vista, la gente chiedeva di più in questo mese e mezzo di campagna elettorale?
“Certamente. Come è che, ormai da anni, almeno la metà degli italiani è disperatamente alla ricerca di un partito o di un insieme di partiti che sia il più lontano possibile dal mainstream? Com’è che c’è una così profonda distanza non solo tra palazzo e Paese, ma anche fra i parametri fondamentali dell’assetto socio economico del Paese e il sentiment di metà degli italiani? Qual è la causa reale? Io penso che questa incapacità di pensare alle cause, diventi incapacità di proporre rimedi comprensibili e sensati. E quindi, aggrava ancora di più la crisi profonda della democrazia”.
Secondo lei quanto di queste “sbracate” da campagna elettorale potranno davvero convincere gli elettori? I giochi sono già fatti o c’è ancora un margine da giocarsi?
“Tutti sanno che una buona parte delle decisioni elettorali, ormai assolutamente individuali, avviene gli ultimi due giorni della campagna elettorale. A volte anche direttamente nella cabina elettorale. In linea teorica nulla è scritto. Di fatto, anche se siamo nel periodo in cui i sondaggi sono vietati, sappiamo che il trend da in vantaggio il centrodestra. Ma sappiamo anche che c’è una destra che, pur avendo vantaggio, ha perso qualcosa ogni sondaggio. Nel senso che più è cresciuto Fdi, più han perso Lega e FI.
Sappiamo che non abbiamo la certezza della dissoluzione del M5S, cosa che, invece, si dava per scontato all’inizio della campagna elettorale. E probabilmente non ci sarà. E sappiamo anche che l’idea del Pd di essere il primo partito è lontano dal realizzarsi. Il centro, probabilmente, va verso una buona affermazione. Alla luce di questi dati, la situazione del dopo elezioni è tutta da vedere”.
Dal 26 come potrebbero andare le cose?
“Se ci sarà la vittoria della destra, probabilmente ci sarà qualche problema di attribuzione dei ministeri. Sicuramente il Capo dello Stato Mattarella vorrà dire la sua. Come del resto ha già fatto nel 2018 su alcune figure. Il Pd intanto avrà un grossissimo travaglio, perché dovrà digerire una sconfitta. Non sappiamo ancora di quale entità e dunque dovrà decidere se allearsi con il M5S o con Renzi e Calenda.
E ciò dimostra che è un partito che deve ancora macinare molta politica prima di avere una fisionomia. La destra dovrà rapidissimamente mettere la sordina alle proprie divergenze interne che, almeno in un primo momento, non dovranno trovare espressione pubblicamente. Soprattutto in tema di politica estera e della crisi Ucraina. Quello che non sappiamo è l’entità di questo quadro.
Entità che deriverà dal successo o dalla sconfitta di questa o quella forza politica. Non ho accesso ai sondaggi riservati. Ci sono coloro che hanno accesso a dati segreti e stanno mandando messaggi subliminali agli elettori, strizzando l’occhio per far capire che è vincitore quello o quell’atro partito. Ma è chiaramente tutto molto difficile da prevedere oggi”.
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