Di fronte al caro energia, l’economia italiana vacilla. A farne le spese, oltre le famiglie, sono soprattutto le aziende, le imprese che non riescono a pagare bollette esorbitanti. E che sarebbero costrette ad alzare i prezzi di molto, pur non riuscendo comunque a rientrare nei costi. In molti casi, quindi, risulterebbe più conveniente chiudere. Con un contraccolpo inevitabile sul lavoro. Quali sono le aziende maggiormente a rischio? Al quotidiano online Free.it Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi Confcommercio.
Il caro energia è diventata ormai la principale emergenza in Italia. Per Confcommercio è necessario agire subito perché a rischio ci sono migliaia di imprese. L’aumento delle bollette del gas, infatti arriva a una cifra complessiva pari a 33 miliardi, il triplo rispetto a un anno fa. E le aziende non riescono più a tollerare. Quest’autunno, quindi, rischiano di chiudere i battenti decine e decine di imprese. Ma quante? E quali? Al quotidiano online Free.it Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi Confcommercio.
Qual è la situazione economica delle aziende in questo avvio di autunno?
“La situazione è molto difficile e l’Italia va verso un peggioramento del suo quadro economico. Le cose sono molto molto brutte sul fronte dell’energia, brutta sulle materie prime alimentare, in via di miglioramento sulle materie prime non alimentari. Ma anche questo miglioramento sulle materie prime non alimentari è pericoloso. Perché i mercati vedono la recessione. Quindi le quotazioni tendono a scendere, ma si mantengono comunque su valori elevatissimi”.
L’inflazione spaventa i mercati, che prospettive avete?
“L’inflazione nel mese di settembre, quindi dai dati ufficiali lo sapremo tra una quindicina di giorni, toccherebbe un picco al 9,2%. Ad agosto era all’8,4% e si ridurrebbe nei prossimi mesi, ma solo in maniera moderata. Per cui, rischiamo di chiudere l’anno del 2022 con una inflazione al 7,5% medio, con una prosecuzione nel 2023 oltre il 5%. Sempre che non accadono altri disastri sulle catene globali del valore”.
Quanto incide l’inflazione su famiglie e imprese?
“Tantissimo, le cose sono complicate. Per le famiglie ci sono dei grandi sostegni da parte dello Stato. Per quanto riguarda le imprese, noi chiediamo il rafforzamento dei sostegni in ragione del fatto che questi sostegni che fino a ieri hanno ben funzionato. Ora, bisogna vedere se riescono a funzionare anche in futuro.
Noi riteniamo che il sistema Italia, anche dal punto di vista della trasmissione degli impulsi inflazionistici, abbia funzionato. Ogni catena dell’importazione, della produzione, dell’ingrosso e della distribuzione ha tenuto su di sé il peso dei maggiori costi. Per non trasmetterli a valle, cioè ai consumatori. Questo, però, implica una riduzione assoluta e relativa dei margini e quindi della redditività delle imprese”.
Questo, in concreto, cosa significa?
“A nostro avviso, almeno per quanto riguarda il terziario di mercato, questa situazione può rappresentare un problema per commercio, turismo, sport, viaggi. Nelle microimprese, che hanno fino a 9 addetti, è a rischio un 43% del 10% più fragile. Cioè, il 10% di queste microimprese che abbiamo considerato, che ha la marginalità più piccola, è a rischio chiusura. Significa 120mila imprese che chiuderanno nei prossimi 8 mesi. Per queste imprese i costi dell’energia portano sottozero il guadagno. Cioè, a loro conviene stare chiuse. Ovviamente tutto questo ha un riflesso sull’occupazione. Si stima che si possa arrivare a circa 400mila lavoratori in meno”.
Quali sono, in particolare, le aziende che rischiano di chiudere perché non ce la fanno?
“Il settore dell’ingrosso, il commercio al dettaglio sia alimentare che non, le attività sportive, quindi palestre, piscine, spa sono a rischio. E poi anche ristoranti e bar e hotel, anche se non subito, perché vengono da una stagione primaverile estiva molto buona. Ma tra qualche mese anche per loro i costi dell’energia si faranno insostenibili. In ogni caso, anche se non dovessero chiudere del tutto, rischiano di andare in perdita e ne farebbero le spese i lavoratori. Sono in pericolo anche le piccole imprese dei trasporti, le agenzie di viaggio. Ecco, questi sono i settori del terziario di mercato che sono maggiormente a rischio. E lo sono perché la parte più piccola di queste imprese andrà in negativo in termini di reddito netto”.
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