Ancora vittime innocenti durante la traversata per raggiungere l’Italia. Stavolta non per colpa di un naufragio ma per mancanza di acqua. La triste avventura di donne e bambini durante i viaggi della speranza.
Si è ancora una volta costretti a registrare una ennesima tragedia di migranti. Il Mar Mediterraneo si conferma nuovamente la tomba di coloro che inseguono ad ogni costo un futuro migliore.
Stavolta il rinvenimento dei corpi è avvenuto in Sicilia, nelle acqua di Pozzallo. Al personale della Guardia Costiera si è subito aperto uno scenario drammatico, soprattutto per la giovane età delle vittime.
Sei in tutto le vittime. Stavolta si tratta di due piccoli di uno e due anni, di un dodicenne e di tre donne. Una di loro lascia due figli completamente da soli. Il resto dell’equipaggio del barcone si è salvato ma versa in condizioni critiche con ustioni anche molto gravi. I sopravvissuti sono stati soccorsi dallo staff di Unhcr. Il barcone era partito dalle coste della Turchia con l’intento di dirigersi verso l’Italia. Durante il viaggio si è subito avvertita la mancanza di sufficienti scorte di acqua, così a rimetterci sono stati donne e bambini. I corpi sono stati recuperati a Pozzallo dai militari della Guardia Costiera. I cadaveri giacevano ancora sulla barca utilizzata per la traversata.
A delineare i contorni della tragica vicenda è intervenuta Chiara Cardoletti, in rappresentanza di Unhcr. La donna ha dichiarato che “Sei rifugiati siriani, tra cui bambini, donne e adolescenti, hanno perso la vita in mare. Sono morti di sete, fame e gravi ustioni – continua Cardoletti – Questo è inaccettabile. Rafforzare i soccorsi in mare è l’unico modo per prevenire queste tragedie” – conclude.
Gli altri 26 sopravvissuti hanno riportato importanti ustioni ed evidenti segni di disidratazione e sono al momento assistiti dal personale dell’agenzia ONU Unhcr. Sembrerebbero tutti siriani e afghani. Il dramma è avvenuto pochi giorni dopo un’altra disgrazia. Quella di Loujin, la bimba siriana morta di sete il 6 settembre scorso. Lei e la sua famiglia si erano imbarcate vagando per circa dieci giorni in mezzo al mare, senza che nessuno si attivasse nonostante le richieste di aiuto.
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