Retromarcia del coordinatore delle attività sportive della Scuola Ufficiali Carabinieri, Antonino Briguglio, su un post scritto riguardo al ragazzo morto precipitando dal quarto piano di un palazzo a Gragnano
Antonino Briguglio, coordinatore delle attività sportive della scuola Ufficiali Carabinieri ha pubblicato su LinkedIn un post poi cancellato, con cui esprimeva un durissimo atto di accusa nei confronti del modo con cui è stato educato il 13enne deceduto a Gragnano.
Il ragazzo è infatti morto sul colpo, precipitando dalla finestra dalla quale si era sporto per aggiustare il cavo dell’antenna. Le indagini degli inquirenti e il sequestro del cellulare della vittima, hanno poi portato alla luce un retroscena inquietante. ”Ti devi ammazzare, buttati giù”, si è letto tra i messaggi inviati ad Alessandro. Un episodio, quello della morte del giovane, anticipato da un addio che questi aveva scritto alla fidanzata, atto che farebbe protendere adesso per l’ipotesi di suicidio.
A seguito dell’accaduto di Gragnano, Antonino Briguglio, responsabile della Scuola Ufficiali Carabinieri, ha pensato di pubblicare il suo pensiero si LinkedIn. Nel farlo non se l’è presa direttamente con gli istigatori del tragico gesto, bensì con i genitori della vittima, “che non hanno saputo far crescere adeguatamente quel ragazzino” – scrive Briguglio.
13enne morto a Gragnano, la dichiarazione sconvolgente del carabiniere
Ma non è tutto, il carabiniere ha infatti dato corda ad una serie analisi con cui ha condannato certi metodi “pedagogici”, riferendosi soprattutto agli psicoterapeuti che “sproloquiano in tv” ed equiparano le parole alle armi.
“Il problema con un bullo si risolve – da sempre – dimostrandogli che non hai paura di lui” , sostiene ancora il militare dell’Arma. “Se allevi conigli non puoi pretendere leoni” – ha ulteriormente aggiunto l’uomo, suscitando al contempo polemiche e sgomento in molti utenti. Nel frattempo sembra ampliarsi il raggio delle indagini sugli autori dei messaggi contenenti minacce e intimidazioni ritrovati sul telefonino di Alessandro. Il gruppo dei sei giovanissimi, cinque minori e un maggiorenne, su cui si è concentrata sin dall’inizio l’attenzione degli inquirenti potrebbe ampliarsi con l’identificazione di altri componenti della chat su cui venivano pubblicati gli insulti contro il 13enne.
La procura di Torre Annunziata, in stretto raccordo con quella per i minorenni di Napoli, lavora con estrema cautela considerando la delicatezza della vicenda e l’età degli indagati. Un’attesa che ancora non ha fatto fissare la data dell’autopsia sul corpo del ragazzo, che resta sotto sequestro nell’obitorio di Castellammare di Stabia. Una condizione di incertezza che grava sui genitori di Alessandro: il padre, agente di commercio, e la madre, avvocato, si sono stretti nel silenzio, affidandosi all’avvocato Giulio Pepe. “Anche loro, come tutti noi”, ammette il legale, “non sanno come siano andate effettivamente le cose e si sono messi al servizio degli organi inquirenti, convinti della bontà del lavoro che stanno svolgendo“
I genitori vogliono sapere
Il papà e la mamma del tredicenne sono stati ascoltati nei giorni scorsi dai magistrati che conducono le indagini sulla morte del loro ragazzo. Parole al momento coperte da segreto istruttorio. “I genitori, intendono solo sapere se si sia trattato di un incidente fortuito. Se così non fosse, sono pronti, come già hanno fatto finora, ad affiancarsi alla Procura. Malesseri precedenti palesati dal ragazzo? Nessuno. Alessandro era, come è stato più volte ripetuto e scritto in questi giorni, un ragazzo solare, che andava bene a scuola e aveva tanti amici. Adesso i suoi genitori attendono solo il ritorno a casa della salma, per potere riabbracciare il figlio un’ultima volta prima di procedere ad una giusta sepoltura“.