Mancano 25 giorni esatti al giorno del voto e la campagna elettorale ormai è nel pieno. Tra slogan, attacchi e proposte, si parla poco dei programmi. A tenere banco in queste settimane è stato essenzialmente il problema energetico e del caro bollette. Per cui i partiti stanno presentando ognuno la sua soluzione. Ma di piani a lungo termine si sente parlare poco. In ogni caso, domenica 25 gli italiani si troveranno faccia a faccia con una scheda, nel chiuso di una cabina elettorale. E molti ancora non hanno capito come si vota e come funziona. Allora, Free.it lo ha chiesto al politologo Paolo Natale.
Si chiama Rosatellum, dal nome del suo ideatore Ettore Rosato, ma è una legge elettorale che non piace a nessun partito. Eppure, nel corso di questi anni non è stato trovato un accordo soddisfacente. Nonostante si dicesse da tempo di voler cambiare questo sistema, il parlamento non ci ha mai davvero messo mano. E poi, come si sa, il governo Draghi è precisamente crollato. Il 25 settembre, dunque, gli elettori dovranno votare per un nuovo esecutivo ma ancora in tanti non hanno capito come. Si scrivono le preferenze? Si può fare il voto disgiunto? A Free.it il politologo Paolo Natale.
Come funziona questo sistema elettorale con cui ci confronteremo il 25 settembre?
“Funziona come 5 anni fa, nella formula. Ci sono a disposizione due terzi dei seggi al proporzionale e un terzo al maggioritario uninominale, sia alla camera che al senato. Quindi, la formula è la stessa, ma rispetto a cinque anni fa, siccome c’è stata la riduzione dei parlamentari, ci sono molti meno seggi. Di fatto i collegi uninominali sono molto più ampi, cioè c’è molta più gente che vota nello stesso collegio, con la conseguente difficoltà di conoscere i candidati.
Questo è il limite di questa trasformazione. Tra l’altro, il primo Mattarellum, che aveva sempre questa doppia faccia uninominale e proporzionale, funzionava ancora meglio. Perché i collegi maggioritari e uninominali erano molti di più. Quindi il bacino di utenza era intorno a 100mila persone. Quindi il livello di conoscenza dei candidati era più elevato. Invece adesso sono più di 300mila persone in ogni collegio”.
C’è una scheda unica per il voto o due?
“Questa volta ce n’è una sola. Invece, nel Mattarellum c’erano due schede, una per il maggioritario e una per il proporzionale. E per questo si poteva anche fare il voto disgiunto. Cioè se a una persona gli piaceva un candidato del maggioritario, poteva votarlo anche se non era del suo partito. Perché tanto al proporzionale rimaneva al partito. L’altra volta questo sistema è stato molto usato. Quasi il 6-7% aveva optato per il voto disgiunto. Questa volta non si può fare. Si può dare solo un voto che va direttamente anche al candidato del maggioritario”.
Quindi, gli elettori non dovranno scrivere preferenze? Cosa dovranno votare?
“Gli elettori avranno due possibilità. O mettere la ics solo sul partito e immediatamente quel voto passa anche al candidato di quella coalizione. Oppure possono mettere la ics solo sul candidato e il voto viene risuddiviso per i quattro-cinque partiti che compongono la coalizione. In maniera proporzionale agli altri. Non dovranno scrivere nulla. E questo è un dato abbastanza allucinante di questa legge. In pratica, non esiste la possibilità di esprimere una preferenza.
C’è un listino bloccato dove ci sono tre o quattro candidati per partito. E i voti vanno in ordine di come sono posizionati. Se hanno un seggio in quel collegio plurinominale arriva al primo, se ne hanno due va al secondo e così via. Quindi la libertà di scelta dell’elettore è praticamente annullata. Può scegliere solo il partito e basta”.
Qual è la differenza tra i candidati che sono stati messi nell’uninominale e quelli che sono stati piazzati nel proporzionale?
“Nell’uninominale vince un solo candidato per collegio. Il primo che vince passa. E’ una sfida diretta tra candidati. Al plurinominale invece, si fa il quoziente per partito e quindi il numero di seggi che spetta a ciascun partito nel plurinominale. A quel punto, se al Pd ne spettano tre, vengono eletti i primi tre del listino bloccato. Se a Fdi ne spettano due, passano i primi due. Se i candidati vengono messi solo nell’uninominale, se perdono, perdono.
Molti allora si sono candidati in un collegio uninominale e in un massimo di quattro plurinominali. Lì la possibilità di entrare in parlamento è più alta. In genere il Pd ne prende 1 o 2 per collegio, Fdi 2-3 per collegio uninominale, in questo caso diventa molto più semplice, perché il primo e il secondo entrano quasi certamente. E’ una specie di paracadute. Se non si riesce a vincere nell’uninominale, si sa che nel plurinominale qualche chance in più c’è. In fatti tutti i leader di partito hanno fatto questa scelta”.
A 25 giorni dal voto, quali sono le previsioni?
“Dovrebbe vincere il centrodestra in maniera abbastanza netta. La domanda che molti si pongono è se riuscirà ad arrivare a una maggioranza qualificata. In quel caso, tutte le leggi e le riforme costituzionali possono passare senza necessità del referendum popolare. Ci vogliono i 2/3 del parlamento. Le stime danno il centrodestra tra il 60 e il 65% di seggi. Sicuramente il 60% dei seggi li prendono.
Adesso sembra che il M5S stia salendo in termini di voto, mentre si in calo il Pd. Questo significa che molti dei collegi uninominali verranno vinti ancora di più dalla coalizione di centrodestra. Se il centrodestra prende il 95% dei collegi uninominali e arriva almeno al 50% dei voti di lista nel proporzionale, dovrebbe avere la maggioranza qualificata. Siamo abbastanza vicini”.
Si capirà tutto già il 25 notte?
“Penso di sì, dovrebbero esserci i primi exit poll, ma già dalle 2 arriveranno le proiezioni. Che, in questo caso, sono abbastanza più semplici proprio perché c’è una scheda sola. Bisognerà arrivare proprio alla fine dei calcoli per capire se il centrodestra avrà, come dicevamo, la maggioranza assoluta”.
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