Guerra in Ucraina, giorno 182. Sono passati sei mesi da quel 24 febbraio, quando alle 5 ora locale la Russia ha cominciato a bombardare Kiev. E ha iniziato l’invasione dell’Ucraina, contrariamento a quanto previsto da tutti gli analisti del mondo. Doveva essere una “operazione militare speciale” rapida e indolore per Mosca. Convinta che le truppe russe sarebbero stato accolte con favore e che deporre il presidente Volodymyr Zelensky sarebbe stata una passeggiata. Così non è stato e l’operazione è diventata una guerra lunga e faticosa. Non solo per l’Ucraina. Milioni di sfollati, migliaia di morti, città rase al suolo, danni incalcolabili e non è ancora finita. Che evoluzione ha avuto questa guerra? E cosa si possiamo aspettare? Al quotidiano online Free.it Luciano Bozzo, professore di relazioni internazionali e studi strategici presso l’Università di Firenze.
I sei mesi della guerra in Ucraina, coincidono con la Festa dell’indipendenza, conquistata dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Zelensky, nel suo discorso per la commemorazione virtuale, ha detto che l’Ucraina non si arrenderà e lotterà per la sua indipendenza, ancora una volta. Non ci saranno celebrazioni fisiche, perché il rischio di bombardamenti è troppo alto. I cittadini provano a ricostruire le proprie vite mentre si continua a combattere nel Donbass. L’attentato di domenica a Darya Dugina, poi, potrebbe spingere Mosca ad accendere nuovi focolai di combattimento. Cosa succederà? Al quotidiano online Free.it Luciano Bozzo, professore di relazioni internazionali e studi strategici presso l’Università di Firenze.
Cosa è avvenuto in questi sei mesi di guerra?
“Dopo il fallimento di quella che era l’operazione iniziale programmata dai russi, è seguita una seconda fase. Dettata dal fallimento del piano originario, ovvero quello di una guerra rapida. Da terminare nel giro di pochi giorni al raggiungimento di alcuni obiettivi abbastanza chiaramente definiti. Rappresentare in questa maniera la storia è un po’ sbagliato, perché è come tagliarla con l’accetta, cioè sintetizzarla troppo. In realtà, la guerra si è sviluppata in una serie di diverse tappe in cui i russi, soprattutto nella prima fase, hanno realizzato via via che era troppo difficile; troppo costoso se non impossibile raggiungere gli obiettivi.
E hanno ridimensionato le proprie mire per consentire le aspettative. I russi hanno abbandonato l’idea di prendere Kiev e hanno concentrato le forze sulla conquista dei due oblast di Donetsk e Lugansk. Cosa che ancora oggi, a sei mesi, non è totalmente avvenuta. Si concentrata sulla costa sul mar d’Azov, cosa che è avvenuta nel momento in cui è caduta Mariupol. E su una spinta verso nord e verso ovest, che ha portato alla conquista di Kherson, vicina alla Crimea annessa con la forza nel 2014”.
Come si è evoluta nel corso dei mesi questo conflitto?
“Questa che si prolunga sino ad oggi, è una fase in cui, ad una guerra che avrebbe dovuto essere lampo. Ma che progressivamente è diventata una guerra lunga, fondata sulla concentrazione delle forze, sulla riduzione del numero degli obiettivi. Sulla concentrazione delle forze che ha portato, anche sul teatro operativo, all’impiego massiccio di potenza di fuoco, in modo da spianare la strada di fronte alle truppe avanzanti russe. E con avanzate molto lente, molto limitate da un punto di vista geografico ma costanti, i russi hanno ottenuto dei risultati. Cioè, hanno ottenuto la conquista probabilmente del 25% tutti dei territori dell’Ucraina”.
In che direzione va questa guerra, dunque?
“Per molti aspetti, questa è diventata una guerra di posizione o possiamo dire di lento movimento, anziché una guerra di movimento vera e propria. E la situazione attuale è proprio conseguenza di questo cambiamento. Verso dove stiamo andando? Beh, possiamo dire che sicuramente la situazione cambierà radicalmente tra settembre e ottobre con il deterioramento delle condizioni climatiche. Questo porterà presumibilmente ad un incistarsi della situazione e man mano che arriverà il freddo le operazioni saranno sempre più limitate. Ci troveremo, quindi, di fronte a una guerra di posizione che sarà molto lunga”.
Domenica un’autobomba ha uccisa Darya Dugina, figlia dell’ideologo di Putin Aleksandr Dugin. La Russia ha chiuso il caso in meno di 24 ore identificando dinamica e responsabili. Cosa ne pensa?
“La versione fornita così rapidamente dall’ intelligence russa è una bellissima sceneggiatura per una serie televisiva, ma non è assolutamente credibile. Secondo quello che ci vorrebbero far credere russi, o che vogliono far credere alla propria opinione pubblica interna, ci sarebbe una spia venuta dall’ucraina che avrebbe agito indisturbata.
Guerra Ucraina, analista Luciano Bozzo a Free.it | “In sei mesi conflitto trasformato. Sarà lento logoramento. La morte di Dugina è…”
Questa spia è entrata nella Federazione russa mentre è in corso una guerra con il suo Paese. Deve portare a compimento una missione d’intelligente molto difficile e però se ne va in giro con un documento che la qualifica come membro di una forza di sicurezza di intelligence Ucraina. Un documento con tanto di foto in divisa. Ora, se questa signora avesse fatto una cosa del genere, sarebbe quantomeno una imbecille. Certamente non una donna addestrata e in grado di portare a compimento un’operazione di questa portata. Questa è la prima parte della storia fantasiosa.
Poi si aggiungono altri particolari divertenti. Questa donna sarebbe entrata in Russia con la figlia dodicenne e insieme avrebbero pedinato i Dugin. I quali, come dicono, non avevano una scorta particolarmente importante, ma non erano completamente soli. E’ abbastanza improbabile che madre e figlia abbiano imparato i loro spostamenti e orari, abbiano piazzato esplosivo, il timer, l’abbiano fatta saltare in aria. E poi se ne siano andate tranquillamente al confine con la Lituania, attraversandolo senza avere nessun problema.
Per di più, guarda caso, il loro passaggio in Russia la loro uscita dalla Russia sono stati registrati da telecamere. Ma che nel momento in cui è avvenuto l’attentato le telecamere erano spente. Spente. Proprio in un’area dove ci sono anche delle installazioni dell’intelligence russa. Che in quella zona le telecamere fossero fuori servizio per manutenzione mi sembra veramente la pennellata finale di questa meravigliosa quanto incredibile sceneggiatura di un racconto di una serie televisiva di terz’ordine”.
Cosa pensa che sia avvenuto, in realtà?
“In realtà, credo sia stato un attentato sofisticato, che presuppone una buona conoscenza dei movimenti, la disponibilità di un certo tipo di esplosivo. Questo tipo di operazioni, parliamoci chiaro, richiedono l’intervento di una squadra addestrata di specialisti. Sono tipiche operazioni che può mettere in atto un servizio di intelligence, oppure anche un’organizzazione criminale. Pensiamo per esempio alla mafia che ha fatto saltare in aria Falcone e Borsellino.
Io ho l’impressione che si tratti di un problema interno russo, cioè che ci sia una lotta per il potere o che si siano scatenate delle reazioni nei confronti di questo vicolo cieco in cui Putin si è cacciato in Ucraina. Credo sia stato un messaggio per Putin e il suo ristretto entourage politico. Del quale, ben intenso, Dugin non fa parte, pur rimanendo un fedele consigliere. Che sia stata un’iniziativa dell’Ucraina è meno probabile. Tra l’altro, il governo di Kiev ha immediatamente preso le distanze e negato il proprio coinvolgimento. Perché è chiaro che potrebbero esserci, anzi, ci saranno delle reazioni”.
Ecco, secondo lei Mosca reagirà? Magari anche contro la Lituania, accusata di aver accolto la presunta attentatrice?
“Se in qualche maniera i russi vogliono accreditare la versione ufficiale, dovranno reagire nei confronti dell’Ucraina. Questo attentato potrebbe anche essere un pretesto per giustificare una recrudescenza dei bombardamenti nei confronti di Kiev e per inasprire i toni anche con la Lituania, che non è mai stato dolce di sale con Putin. Mi aspetto che succederà qualcosa nei prossimi giorni. Al netto del fatto che nell’attentato alla Dugina potrebbe essere coinvolto anche un servizio di intelligence straniero, resta comunque ovvio che la storia ci raccontano i russi, 24 ore dopo la bomba, è una storia da serie televisive, non è credibile”.