A quasi un mese di distanza dalla morte della piccola Diana la neonata di 16 mesi, il gip dispone incidente probatorio sul biberon. Una strategia precisa della difesa di Alessia Pifferi mamma della piccola, attualmente in carcere per omicidio volontario aggravato
Soltanto un mese fa la notizia della morte della piccola Diana sconvolse l’Italia intera. La neonata di 16 mesi, fu trovata nel suo lettino senza vita, abbandonata per sei giorni dalla madre Alessia Pifferi, che venne arrestata con l’accusa di omicidio volontario aggravato.
Vicino alla culla dove giaceva, erano stati trovati un biberon con residui di latte, e una bottiglietta di EN un potente farmaco ansiolitico che la donna dice di non aver messo nel biberon. È proprio su questo si sta incentrando la difesa della donna, che tramite gli avvocati, Solange Marchignoli e Luca D’Auria ha chiesto al gip di milano Fabrizio Filice, alcune analisi approfondite dei due reperti.
Il gip ha accettato la richiesta, e disposto l’incidente probatorio sul contenuto del biberon e su altri oggetti di Diana, fissando per il prossimo 28 settembre un’udienza per la nomina dei periti e il conferimento dell’incarico per gli “accertamenti tecnici di natura biologica e chimico-forense sul materiale in sequestro“.
Tra questi il latte residuo nel biberon per capire se conteneva En, e se di conseguenza la morte della piccola può essere collegata all’ansiolitico o meno.
La madre della piccola è in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato per aver lasciato sola “nella culletta, per sette giorni continuativi, priva di assistenza e assolutamente incapace, per la tenerissima età, di badare a se stessa, senza peraltro generi alimentari sufficienti e in condizioni di palese ed evidente pericolo per la propria vita” la figlia Diana.
Un comportamento che per l’accusa ne ha causato “la morte per stenti e per mancanza del necessario accudimento” con le aggravanti di “aver agito con premeditazione, aver agito per futili motivi e aver commesso il fatto contro la propria figlia minorenne“. L’analisi del contenuto del latte potrebbe quindi cambiare le posizioni davanti alla legge nei confronti della madre e dare una svolta diversa sia alle indagini che al processo.
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