Andrea Gianangeli, celebre batterista italiano, si racconta a Free.it e ci porta idealmente dentro la sua scuola: il Bateras Beat Roma.
“Suonare forte, suonare sempre”. Lo ripete spesso Andrea Gianangeli, celebre batterista italiano che avrete potuto ammirare durante qualche concerto dei “Presi per Caso” o se siete amanti del Rock nel corso di qualche esibizione di Paul Gilbert o David Reece. Gianangeli ha fatto della batteria una propria ragione di vita: la conosce, la approfondisce, la studia dai tempi della scuola.
Ora è un uomo adulto, con una certa esperienza, ma non ha smesso – per così dire – i panni dell’allievo. Impara e si migliora sempre: solo che adesso osa ulteriormente. Va alla ricerca di tanti piccoli e grandi “Andrea” che, come lui, hanno la musica nel cuore e vogliono dare un senso alle proprie giornate con le note (di merito) mentre eseguono la canzone che più li rappresenta. Questo è alla base della sua scuola: Gianangeli, infatti, è docente – se è concesso ancora usare questo termine – è Direttore del Bateras Beat Roma.
Nello specifico il Bateras Beat è un insieme di scuole che nasce da un’idea primaria con radici in Brasile, riportate in Italia con il tempo e la forza di tanti ragazzi giovani vogliosi di mettersi in gioco. Ci sono tante filiali in Sardegna, precisamente Andrea Gianangeli opera a Roma da qualche anno. L‘artista ha attraversato la fase più delicata della pandemia e del lockdown riuscendo a rimanere aperto e addirittura incrementando personale. Come ha fatto e quali sono gli obiettivi di quella che nasce come un’associazione culturale, ma in realtà è un vero e proprio polo didattico musicale, lo racconta in esclusiva ai microfoni di Free.it.
Come nasce l’idea di passare da musicista a insegnante di batteria e poi Direttore del Bateras?
“Io ho sempre suonato la batteria con diverse band nel corso degli anni, poi è arrivato il momento di decidere: volevo mettere a frutto quel che a me piaceva e piace fare facendolo diventare un lavoro. Non è sempre facile in questo settore, in Italia, affermarsi. Io ho cercato di valutare come potermi evolvere rispetto agli step che avevo già percorso e nel Bateras Beat ho trovato quei valori che rispecchiano il mio modo di intendere la musica: per tutti e senza impedimenti”.
La collaborazione, quindi, è nata successivamente?
“Sì, inizialmente ho partecipato a qualche lezione mantenendo spesso i contatti: sono stato più volte in Sardegna a parlare e scambiare idee con i pionieri di quello che è il Bateras e poi è arrivata la telefonata in cui mi veniva chiesto se volessi imbattermi in questa nuova sfida rappresentata dall’insegnamento. Tra l’altro è arrivata in un momento propizio della mia vita perchè stavo decidendo i cosiddetti “pro” o “contro” rispetto al sentiero che volevo intraprendere”.
Una sorta di segno…è stato difficile all’inizio?
“Come tutto all’inizio c’è molta curiosità, ma anche un po’ di paura. Io ho fatto comunque un periodo di affiancamento in Sardegna, molte volte avanti e indietro da Roma, per capire il metodo e l’approccio che avevano. Il Bateras Beat restituisce una serie di valori applicati all’apprendimento, forse questa è la cosa che resta di più e differisce rispetto ad altre prospettive di insegnamento”.
Come hai superato le difficoltà economiche inizialmente? Rispetto alle spese, alla messa in opera del locale…
“Ho fatto le cose un po’ alla volta, venendo da un mondo legato all’intrattenimento (inizialmente ho fatto l’animatore alle feste per pagarmi i corsi e quant’altro) ho imparato che bisogna procedere gradualmente. Mi sono arrangiato nello studio di registrazione di un mio amico per le prime didattiche, poi con il tempo ho messo su lo spazio che vedete. Un vero e proprio punto di riferimento con varie sale e strumentazione adeguata”.
Ecco, veniamo alla parte video: tu applichi la pratica al fattore filmico, aiuta?
“Diciamo che io ho iniziato a farlo perchè la parte filmica mi appassiona molto, mi diverto con il montaggio: amo proprio creare prodotti miei da condividere. Così è nata l’idea e ho capito che agli allievi rimaneva qualcosa in più. Un punto di riferimento anche dopo le lezioni”.
Dai anche consigli sulla strumentazione da acquistare: ti senti un po’ il Salvatore Aranzulla dei batteristi?
“Grazie (ride n.d.r.), ma lo faccio principalmente perchè spesso mi sono trovato io in difficoltà rispetto ad alcune cose in passato e se posso dare qualche dritta in più a qualcuno ben venga”.
È vero che può venire chiunque al Bateras: se un aspirante batterista (uomo o donna) è avanti con l’età riesce ugualmente a raggiungere un obiettivo?
“Assolutamente. La musica è per tutti e deve continuare ad essere così. Poi noi abbiamo, a seconda delle situazioni, standard diversi. Non esiste solo il professionismo: io, pur non capendo niente di calcio, faccio spesso questo paragone. È possibile giocare a calcetto con gli amici anche senza essere campioni di Serie A, l’importante è cercare di farlo bene. Il Bateras insegna a suonare bene a prescindere dal contesto e dai fattori circostanti”.
Gli obiettivi da qui in avanti?
“Rendere le lezioni sempre più fruibili e all’avanguardia con l’aiuto della mia squadra che ringrazio sempre e continuare a suonare oltre che insegnare e dirigere. Vorrei mantenere, finché potrò, questa duplice natura. Le figure di artista e docente non entrano in conflitto, anzi”.
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