Bimba di 18 mesi abbandonata in casa muore di stenti, convalidato il fermo per Alessia Pifferi per omicidio volontario. “Totale mancanza di rispetto per la vita umana”. Le motivazioni del Gip.
Convalidato il fermo per Alessia Pifferi, la donna di 36 anni che abbandonato la figlia Diana di 18 mesi sola in casa per sei giorni, e trovata morta nel suo lettino da campeggio.
Il Giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice ha confermato l’accusa di omicidio volontario senza l’aggravante della premeditazione. In sostanza, durante il lasso di tempo in cui ha lasciato la bambina da sola, l’indagata è passata da una condizione iniziale di “superficiale incoscienza” ad uno “stato di consapevolezza molto più profondo” che l’ha portata ad accettare il rischio, trasformatosi col passare dei giorni in una quasi certezza, della morte della bambina.
Pifferi diventa cosciente del fatto che la figlia potesse morire durante il periodo lontano da casa e non prima. Probabilmente tranquillizzata dal fatto che le precedenti volte in cui aveva tenuto “un’analoga condotta per 48 ore non era successo nulla di irreparabile”. La donna “ritiene altamente probabile se non certo l’evento morte della bambina – si legge nel provvedimento di convalida del fermo – non si limita a prevederne e ad accettarne il rischio. Ma lo prevede e lo accetta e quindi, pur non perseguendolo come suo scopo finale, alternativamente lo vuole come risulta plasticamente dalle sue dichiarazioni. Dichiarazioni con le quali ci ha molto onestamente aperto una finestra di osservazione sulla sua vita interiore”.
Stando a quanto riferito dal Giudice, Pifferi presenta una “personalità non equilibrata, incline alla mistificazione e alla strumentalizzazione degli affetti, nonché segnata dalla totale mancanza di rispetto per la vita umana“.
A rivelare le malsane inclinazioni della donna una frase pronunciata dalla stessa Pifferi nel corso dell’udienza di convalida del fermo: “Io ci contavo sulla possibilità di avere un futuro con lui (il compagno che era andata a trovare, ndr) e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire. E’ per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni in cui ero con lui. Anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire”.
Una condotta dalle conseguenze “intrinsecamente ed estremamente” violente, tenuta verso la persona “in assoluto più vulnerabile con la quale si trovasse in relazione, alla quale era, come in effetti è stato, facilissimo fare del male”, conclude il Gip.
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