Guerra in Ucraina, giorno 140. Il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba, ha ammesso che l’Ucraina ha avuto molte perdite nell’esercito durante l’offensiva del Donbass. Ma ha detto che molti sono ancora pronti a unirsi all’esercito. Anche i russi in queste ore hanno fatto sapere di aver avuto molte morti tra i soldati. E di aver perso anche molte attrezzature. A infliggere maggiori danni ai russi sono i missili Himars, forniti dalla Nato. Sembra che le difese antiaeree russe non siano in grado di fermali. Ma quando davvero stanno impattando le armi occidentali sulla guerra? Al quotidiano online Free.it Marco di Liddo, analista militare del Ce.S.I. – Centro Studi Internazionali.
Nessun colloquio di pace tra Mosca e Kiev. Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Durante un incontro, ha parlato della situazione sul campo e ha ribadito che non ci sarà alcuna cessione di territorio alla Russia. In nessun caso. La guerra prosegue ma nelle ultime ore l’esercito di Mosca sembra stia facendo più fatica di prima. Le armi fornite dalla Nato, infatti, stanno dando una grossa mano alla resistenza ucraina. Ma quando possono davvero incidere sull’esito del conflitto? Lo abbiamo chiesto a Marco di Liddo, analista militare del Ce.S.I. – Centro Studi Internazionali.
Quanto stanno impattando le armi fornite dall’Occidente sulla guerra tra Ucraina e Russia?
“Mediamente. L’impatto è limitato per pensare ad un impatto sostanziale sul teatro di guerra. Sono numeri ancora ridotti se immaginiamo una controffensiva in profondità degli ucraini”.
Però, si dice che i missili Himars stiano aiutando molto l’esercito ucraino. Sembra che i russi stiano facendo più fatica rispetto a prima. E’ d’accordo?
“Sì, ma fino a un certo punto. Gli ucraini hanno ottenuto dei risultati importanti, hanno fatto saltare dei depositi di munizioni e hanno colpito un centro di comando a Kherson. Però la sproporzione tra le forze è ancora enorme, per cui quello che gli ucraini possono fare in questo momento è provare a rallentare i russi. Ma ormai parliamo di una guerra di attrito, non più di una Blitzkrieg, cioè di una guerra lampo”.
Quale tattica sta portando avanti Mosca?
“La tattica russa consolidata è quella così detta del salame, chiamata così mutuando un’espressione staliniana. Cioè, tagliando una fettina alla volta il territorio ucraino, per divorarlo quasi impercettibilmente. Tu ti accordi che il salame sta finendo quasi alla fine, ma tagliando fettine sottili sottili quotidianamente quasi non te ne accorgi. Questo è lo schema che stanno utilizzando anche perché il loro impianto economico, l’industria della difesa e il comparto militare gli permette in questo momento di gestire la guerra solo in questo modo”.
Qualcuno dice che la Russia comincia a essere a corto di munizioni.
“A me non sembra proprio, nemmeno con l’arrivo dei lanciarazzi Himars. Se andiamo a vedere, i colpi di artiglieria nell’ultima settimana sono aumentati, sono tornati a colpire Odessa, Kiev. Sono tornati a colpire massicciamente anche Kharkiv e intanto proseguono l’offensiva in Donbass. Tutta questa scarsità di munizione io non la vedo. Anche perché noi non sappiamo gli stock russi a quanto ammontano. Non sappiamo quanta roba abbiano negli arsenali e di che tipo. Io sono convinto che se anche a un certo punto finissero le munizioni di precisioni, utilizzerebbero il munizionamento non di precisione. E di quelli ne hanno una quantità incalcolabile. Ci sono ancora tutti gli stock della guerra fredda, tanto per dire. Il sacco è ancora profondo e c’è ancora tanto da pescare, purtroppo”.
Visto che ora è una guerra d’attrito, quali sono gli scenari che prevede?
“E’ una guerra che durerà ancora a lungo. Dipende da che punto di vista vogliamo prendere in esame. I Russi hanno parlato chiaro. Hanno detto che vogliono arrivare in Transnistria e che l’Ucraina per come la conosciamo è un errore storico dei bolscevichi che corretto. La correzione di questo errore si esplicita arrivando a reinglobare il territorio ucraino in quello russo. Il nazionalismo russo non può accettare che la città dove è nata la società russa, cioè Kiev, sia in un Paese straniero. Per di più ostile.
Quindi, nel lungo periodo loro proveranno ad arrivare in Transnistria e in Bessarabia, per prendere poi tutta la costa ucraina. E poi vogliono Kiev. Il resto dipende. Dipende da cosa vorranno fare. Per Mosca la zona occidentale è la Galizia non la considerano parte della Russia storica e potrebbero anche lasciarla. Quanto impiegheranno per fare tutto questo? Un anno, due anni? Tre, cinque? Questo non lo possiamo sapere. Sappiamo però che faranno di tutto per raggiungere questo obiettivo. L’unica cosa che può fermarli è una rottura del fronte interno, quindi un grave problema di politica interna e di governabilità che costringe la leadership a rinunciare per mettere in sicurezza i confini nazionali”.
L’obiettivo di Zelenski è di continuare a farsi mandare armi?
“L’obiettivo di Zelenski è di mettere in salvo il suo Paese, in tutti i modi possibili e immaginabili. E di invertire la tendenza dell’invasione russa. E’ un presidente di guerra e non può tirarsi indietro. Lo farà chiedendo più sanzioni, più armi, più sostegno internazionali e aiuti finanziari. Bisogna vedere fin quando e fino a che livello la comunità internazionale sarà disposta a spingersi.
Perché la guerra fa paura ma l’inflazione all’8%, la crisi dei mercati, la recessione, l’innalzamento del caro vita forse fanno più paura della guerra in Ucraina. Queste sono le due grandi variabili. Se e quando l’Occidente penserà che stia pagando un prezzo troppo alto, cercherà di modificare il proprio livello d’impegno, allora anche gli ucraini dovranno ricalibrare il loro obiettivi”.
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