La crisi idrica in Italia sta arrivando a un livello di gravità mai raggiunto prima. O comunque mai raggiunti negli ultimi anni. L’agricoltura è a secco e ne stanno facendo le spese le colture di questo periodo. Ma ora anche l’acqua domestica scarseggia. E in alcune zone del Paese si rischia di dover arrivare a un razionamento. Lo ha confermato il capo del Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio. Qual è la situazione e come si può salvare l’agricoltura? A Free.it Stefano Bocchi, docente al dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali della Statale di Milano.
La situazione idrica in Italia è diventata molto grave. L’agricoltura è quella che sta pagando il prezzo più alto. Da nord a sud i raccolti sono a rischio e comunque sono molto scarsi. Gli agricoltori stanno cercando di fronteggiare la crisi ricorrendo ad antiche tecniche agronome per affrontare i tempi difficili. E presto anche nelle nostre case potremmo dover ricorrere a stratagemmi per conservare l’acqua potabile. A Free.it Stefano Bocchi, docente al dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali della Statale di Milano
Qual è la situazione idrica in questo momento?
“È una situazione allarmante e molto critica. Perché gli ultimi apporti di acqua con temporali e piogge sono stati scarsi e non hanno modificato la situazione attuale. L’emergenza riguarda soprattutto l’agricoltura e infatti, le principali culture vive, cioè mais e riso stanno in effetti soffrendo la sete. Per quanto riguarda le colture invece autunno/primaverili, quindi orzo e frumenti, sono in via di raccolto. E le produzioni sono molto basse, perché proprio durante l’ultimo periodo maturazione, quando l’acqua serve per trasportare gli zuccheri nel granello, c’è stato questo periodo di siccità”.
Allo stato dei fatti, quali sono le possibili soluzioni?
“Purtroppo questa è una domanda complessa e lo è anche la risposta Ci sono soluzioni a diversa scala. Cioè in sostanza ci può essere una soluzione a scala di singolo appezzamento di campo, fino ad arrivare alla soluzione di territorio. Per quanto riguarda la soluzione di campo che, quindi, è in mano all’agricoltore, ci possono essere varie tecniche agronomiche. Che un tempo venivano ascritte alla cosiddetta arido-cultura. Cioè, in pratica, si studia come poter, con meno acqua, produrre ugualmente.
Da una parte si fa leva sulla capacità del terreno di trattenere l’acqua che è arrivata. Quindi di renderlo un serbatoio che però riesce a cedere alla radice delle piante gran parte dell’acqua immagazzinata. Dipende molto dal volume del terreno dipende e dal contenuto di argilla. Gli agricoltori cercano di tenere alta la sostanza organica, perché dava alla struttura questa capacità di campo”.
Qual è l’altra strategia possibile?
“L’altra strategia è aumentare il volume del terreno perlustrato dalle radici. Vale a dire, fare in modo che le radici arrivino a strati più profondi del terreno. Dove l’evaporazione è minore. L’altro capitolo in mano all’agricoltore è quello che riguarda la riduzione dell’evapo-traspirazione. Cioè, la perdita di acqua dal sistema colturale. Ogni coltura perde acqua, perché evapora per il caldo e poi la pianta, come noi, traspira. Più la pianta si sviluppa e più c’è una richiesta dell’ambiente di acqua.
L’obiettivo dell’agricoltore, in tempi di siccità, è ridurre l’evapotraspirazione attraverso, per esempio, i cosiddetti frangivento cioè dei filari di siepi intorno ai campi che servono per ridurre la traspirazione. Oppure ci sono le coperture verdi cosiddette pacciamature, che aiutano a ridurre l’evaporazione dal terreno”.
Adesso l’emergenza idrica è limitata all’agricoltura, c’è il rischio che diventi anche un’emergenza che riguarda l’acqua per uso domestico?
“Purtroppo, sì. Per la maggior parte dei casi, in Italia arriva dalla falda acquifera ma le riserve sono ai minimi e potremmo dover razionare l’acqua. Anche in questo caso, come per l’agricoltura, ci sono soluzioni a diversi livelli. Quello personale, privato e quello che riguarda, invece, che coinvolge le istituzioni”.
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