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Cronaca

Morte Elena Del Pozzo, il racconto atroce della madre | La lucidità della donna: parole terrificanti

Published by
Ludovica Allegri

Istantanee della morte della piccola Elena Del Pozzo racchiusi nell’ordinanza con cui è stato convalidato il fermo della madre. Nessun segno di pentimento di Martina Patti, e la morte lenta della bambina

Non ha manifestato nessun segno di pentimento Martina Patti, la madre della piccola Elena Del Pozzo. Quello che si legge nell’ordinanza con la quale è stato convalidato il fermo della donna, è qualcosa che arriva a toccare quasi l’orrore pure.

Morte Elena Del Pozzo, il racconto atroce della madre

All’inizio la donna diceva di non ricordare. Non si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ma alle domande iniziali dei carabinieri e poi del gip, ha risposto sempre allo stesso modo: “Non ricordo“. Ma tra le decine di volte che  ha pronunciato questa frase, ci sono anche piccole ammissioni, frasi che messe insieme hanno dato il quadro generale di quello che è successo e di come è morta Elena. Quando il gip Daniela Monaco Crea le chiede di raccontare il momento esatto in cui ha colpito la figlia la donna dice: “Non ricordo, perché ero girata e non volevo guardare“.

Da questa e molte altre frasi il gip ricostruisce quegli attimi in cui la bambina si è resa conto che la mamma la stava uccidendo. “Patti (il cognome della donna, ndr) ha inferto più colpi d’arma da punta e taglio alla figlia, che è stata vittima di una morte violenta . Particolarmente cruenta e probabilmente lenta, alla quale è anche verosimile ritenere che abbia, pur solo istintivamente, tentato di opporsi e sfuggire… Tutto induce a dedurre che la madre volesse uccidere e che il suo sia stato un gesto premeditato“.

Morte Elena Del Pozzo, il racconto atroce della madre. Le dure parole del gip

Dopo la ricostruzione e la confessione (molto simile a quella fatta in un primo momento dai carabinieri) il gip ha per la donna parole durissime.

Morte Elena Del Pozzo, il racconto atroce della madre. La ricostruzione dell’omicidio

Perché uccidere un figlio in tenera età e, quindi indifeso, oltre a integrare un gravissimo delitto, è un comportamento innaturale, ripugnante, eticamente immorale, riprovevole e disprezzabile, per nulla accettabile in alcun contesto” dice. “Indice di un istinto criminale spiccato e di elevato grado di pericolosità. Martina inoltre non ha manifestato segni di pentimento, ha inscenato il rapimento con estrema lucidità e non ha manifestato segni di ravvedimento e pentimento. Tutti elementi che denotano una particolare spregiudicatezza, insensibilità, assoluta mancanza di resipiscenza“. La definisce inoltre: “Una lucida  calcolatrice che, se non arrestata, potrebbe darsi alla fuga“.

Il quadro appare quindi molto chiaro e ripercorre tutto quello che quel tragico 13 giugno è successo. La mamma che va a prendere Elena a scuola, e le fa mangiare un budino mentre guarda i cartoni animati. Poi la fa salire in auto e porta con sé un coltello, la pala, una zappa e cinque sacchi della spazzatura. Quindi si ferma a 600 metri da casa per compiere l’inimmaginabile. Inutile riportare le condizioni in cui è stato ritrovato il cadavere della piccola. Ma l’orrore non è finito. Tornando a casa fa una doccia, si cambia i vestiti e comincia la messinscena del rapimento. Alle 16 racconta ai carabinieri degli uomini armati e incappucciati che le avevano gridato: “A te non facciamo niente, ma la bambina la ammazziamo“. La vecchia storia delle minacce all’ex rendono credibile il suo racconto e l’alibi perfetto. Poi aggiunge che in passato lui l’aveva anche picchiata. E in effetti per qualche ora quei sospetti fanno breccia. Fino a quando il castello di bugie crolla.

Le ripicche degli adulti pagate dalla morte della piccola

Giorni fa Martina mi ha detto che Elena era arrabbiata con me perché la mamma le aveva fatto vedere una mia foto insieme alla mia compagna. Forse ho sbagliato, ma pure io ho fatto vedere a Elena le foto di sua madre con il suo compagno, credo che Martina provi ancora qualcosa per me“, racconta il padre.

La piccola in questa famiglia era diventata quasi un arma di ripicche reciproche, come può accadere in tante altre, ma mai senza arrivare a queste atrocità. L’ultimo particolare che emerge è una conversazione tra Martina e suo padre che aveva intuito qualcosa: “Dimmi la verità“, le aveva chiesto, e lei: “Papà poi va a finire che non mi volete più bene“. E aggiunge: “La bambina non c’è più“.

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