Domenica 12 giugno si vota in Italia. In alcune città si vota per le amministrative, ma soprattutto è il giorno dei referendum abrogativi sui temi della giustizia. Si tratta del primo referendum abrogativo dal 2016, quando si votò per il così detto referendum trivelle. Andò a votare solo il 31,18% della popolazione e il quorum, ovviamente, non venne raggiunto. Anche questa volta le possibilità di raggiungere il 50% + 1. Anche perché molti cittadini giudicano i quesiti estremamente tecnici. Al quotidiano Free.it Stefano Ceccanti, deputato Pd e costituzionalista, docente di diritto pubblico comparato.
Dopo che la Corte Costituzionale, lo scorso marzo, ha bocciato i due referendum sul fine vita e sulla cannabis legale, molti cittadini sono rimasti delusi. Domenica, però, si vota per altri 5 quesiti che riguardano la riforma della giustizia. E ci sono alcuni dubbi. Al quotidiano Free.it Stefano Ceccanti, deputato Pd e costituzionalista, docente di diritto pubblico comparato.
Allora quanto sono importanti i referendum di domenica?
“Io penso questo che il tema giustizia è un tema prioritario. Anche il presidente Mattarella, nel suo discorso di insediamento del secondo mandato, ha fatto riferimenti molto puntuali su questo. Ora, se ne sta già occupando il Parlamento, che quindi non è inadempiente. Però se c’è una mano anche del corpo elettorale non è un male”.
C’è il rischio che domenica, soprattutto dove non si vota per le amministrative, poca gente andrà a votare. Che segnale sarebbe?
“Purtroppo, sappiamo che con l’andare degli anni, essendo calata molto la partecipazione, alle politiche ormai siamo al 70%. Alle amministrative al 50%. Di conseguenza, il quorum è diventato proibitivo per il referendum. Però, anche se non si raggiunge il quorum, un’indicazione colpa del corpo elettorale in termine di sì e no incide sempre. Come accaduto anche l’ultima volta con il referendum trivelle, dove molti sì hanno poi inciso sulla politica energetica. Anche se non si è raggiunto il quorum”.
Qual è l’indicazione di voto del Pd.
“Il Pd dà una indicazione di voto per 5 No. Tuttavia, molti di noi, soprattutto sui tre quesiti sulla riforma Cartabia, su cui abbiamo lavorato in parlamento, voteranno Sì”.
Si è polemizzato sul fatto che questi referendum sono molto tecnici e che la gente per votare dovrebbe studiare e informarsi. Sicuramente sono molto più tecnici rispetto ai due referendum che sono stati bocciati. Quello sul fine vita e quello sulla cannabis legale. Erano state raccolte anche tante firme. Eliminati quelli, molti pensano che non sono in grado di votare su un argomento così tecnico. Lei cosa ne pensa?
“Ci possono essere sempre obiezioni di questo tipo. Io personalmente non avevo firmato per nessun referendum, anche perché ritenevo quello sul fine vita inammissibile. Però, se mi chiamano in quanto elettorale a votare, io ci vado sempre a votate. Perché l’espressione di un voto può sempre condizionare il processo politico
Inoltre, a me sembra che il terzo quesito, quello della scheda gialla, sulla separazione delle funzioni non sia tanto tecnico. E’, piuttosto, una precisa indicazione politica che segue la riforma dell’articolo 111 della Costituzione che venne fatto nel ’99. Che parla di giudice terzo. Allora, tutte le volte che noi possiamo marcare la distinzione tra chi giudica e chi accusa, facciamo bene a farlo”.
Quindi, secondo lei non sono troppo tecniche le questioni su cui si vota?
“Ci sono degli aspetti tecnici. Quello sulla scheda gialla, ribadisco, non credo sia tecnico e credo che tutti i cittadini italiani siano in grado di capire e decidere. Quello sul Csm insieme agli altri quattro indubbiamente sono più tecnici. Quello tre è decisamente politico e importante”.
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