Guerra in Ucraina. Giorno 101. Lo ha ammesso anche il presidente Volodymyr Zelensky: la Russia controlla il 20% dell’Ucraina, anche se a un costo di vite umane molto alto. Continuano a morire a decine anche sul fronte ucraino, mentre i combattimenti stanno devastando case e vite di migliaia e migliaia di civili. Il conflitto sembra destinato a durare a lungo. Eppure, arrivati a 100 giorni di guerra, ci si inizia a chiedere quali siano gli obiettivi e come arrivare a raggiungerli. Al quotidiano online Free.it Gianluca Pastori, docente di relazioni internazionali all’università Statale di Milano. Nonché analista dell’Ispi.
Mente sul campo si continua a combattere, concentrando le forze nel Donbass, Unione Europea e Stati Uniti iniziano a farsi qualche domanda sull’evoluzione del conflitto. Nessuno, probabilmente, aveva immaginato che la guerra d’invasione durasse tanto a lungo e anche le strategie delle prime settimane ora scricchiolano. E’ tempo di cambiare strategia, forse, o almeno iniziano a chiederselo i vari Paesi. Dal canto suo Putin, però, non è intenzionato a mollare. Cosa sta succedendo? Lo abbiamo chiesto a Gianluca Pastori, docente di relazioni internazionali all’università Statale di Milano. Nonché analista dell’Ispi.
Sono trascorsi 100 giorni dall’inizio del conflitto. Qual è il suo giudizio finora?
“Mi sembra che da qualche settimana stiamo vedendo una sorta di stallo tra le parti. La prospettiva di una guerra di breve durata, se mai è esistita davvero, è finita abbastanza presto. Le forze russe hanno ridefinito la loro strategia e si stanno accontentando, tra virgolette, di consolidare la loro posizione a est. Si stanno accontentando di occupare concretamente l’area del Donbass e di creare una saldatura tra il Donbass e la Crimea. Dal punto di vista militare gli obiettivi sembrerebbero essere questo ormai”.
Anche dal punto di vista diplomatico sembra che le cose siano più o meno ferme. Oppure è solo una impressione?
“Sì, anche dal punto di vista diplomatico, in assenza di successi eclatanti da una parte e dall’altra, mi sembra si sia arrivati a una specie di stallo. Le trattative normalmente funzionano se le due parti hanno qualcosa da scambiarsi e in questo momento sia Russia sia Ucraina non ha nulla che interessi veramente all’altro. Quindi, anche in questo caso, la situazione è bloccata”.
Sembra che anche gli Stati Uniti siano in una fase un po’ di attesa. Nelle prime settimane c’era un dichiarare continuo, adesso è un po’ di tempo che Biden è in silenzio e osserva. È solo una sensazione?
“Non è una sensazione. Credo che gli Stati Uniti e l’amministrazione Biden in particolare stia cercando di ridefinire la strategia. Penso che nemmeno loro si aspettassero una guerra così lunga. Allo scoppio delle ostilità avevano un obiettivo abbastanza immediato e chiaro, che era impedire una vittoria militare delle Russia. Questo obiettivo per ora sembra raggiunto, il problema è capire dove si va, arrivati a questo punto”.
Ci sono delle questioni, secondo lei, che ancora non sono chiare ai Paesi che osservano da fuori il conflitto?
“Ci sono molte domande. Tra cui, per esempio, ci possiamo accontentare di questo scenario di stallo? O magari di un cessate il fuoco temporaneo, ma senza nessuna soluzione politica? O si deve lavorare a una soluzione politica della crisi, definire una situazione più o meno stabile per il futuro? E se si deve lavorare per una soluzione politica, allora quali sono gli strumenti per arrivare a questo obiettivo?
Armare l’Ucraina può essere una soluzione a lungo termine oppure bisogna pensare a qualcosa di diverso? A tutte queste domande l’amministrazione americana sia piuttosto divisa e proprio a causa di queste divisioni stiamo assistendo anche a Washington a una situazione di stallo. Ma soprattutto di ripensamento”.
Sul versante europeo la situazione è abbastanza complessa. Anche l’Ue sembra stia muovendosi un po’ in ordine sparso. E il 23 giugno c’è il consiglio europeo in cui, tra le altre cose, si discuterà proprio della questione delle armi. Lei come la vede?
“L’Ue sta mettendo in luce quello che era un po’ il punto debole che temevano tutti quanti. Cioè, di fronte a una guerra lunga, le posizioni dei diversi Paesi iniziano a divergere. Su differenze politiche, ideologiche ma anche differenze di rapporto con la Russia. Adesso a complicare le cose c’è anche il tema delle sanzioni aggiuntive. Arrivare a parlare di sanzioni sull’energia significa andare a toccare un argomento al quale molti Paesi sono sensibili. E di fronte a questa sensibilità, anche la compattezza dell’Unione sta venendo meno”.
Secondo lei Putin mirava proprio a questo sfrangiamento dell’Ue?
“Non so quanto la Russia avesse davvero in mente di fare una guerra così lunga. Ho il sospetto che questo conflitto sia anche per Mosca una soluzione di ripiego. Però sicuramente ha saputo trovare in questa situazione alcuni punti che giovano a suo favore. Proprio perché ha di fronte una coalizione di soggetti che sono molto eterogenei, il Cremlino ha di fronte la possibilità concreta di sfruttare le fratture che emergono con il passare del tempo”.
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