Ieri dal vertice dell’Ue c’è stato un prima via libera al così detto price cap, cioè un tetto al prezzo del gas concordato da tutti i 27 membri dell’Unione. Lo ha annunciato il premier Draghi al termine dell’incontro, spiegando che se ne comincia a discutere per analizzarne la fattibilità. I problemi da risolvere sarebbero, infatti, molteplici. Free.it ne ha discusso con Goffredo Galeazzi, direttore de Lastaffetta.com, portale che si occupa di energia e ambiente.
I 27 Paesi dell’Ue discuteranno come e quando mettere un prezzo massimo al tetto del gas, come misura per far fronte alla crisi energetica. Se ne è discusso oggi a Bruxelles durante il vertice e si è parlato anche di obbligo di importare petrolio russo a partire dalla fine dell’anno. Ma quali sono i problemi ancora da affrontare in Italia? A che punto è la transizione energetica? Al quotidiano online Free.it Goffredo Galeazzi, direttore de Lastaffetta.com, portale che si occupa di energia e ambiente.
Cosa ne pensa del price cap?
“Non ne penso benissimo, nel senso che comunque chi ha dei contratti, che di solito sono a lungo termine, si troverà in difficoltà. Bisogna vedere in che modo le compagnie verranno tutelate da questo meccanismo. Cioè, se io pago 10 e tu mi imponi un prezzo di 8, io questa differenza come la recupero? Le compagnie che acquistano il gas si rifaranno sulla bolletta? Va bene il price cap ma bisogna prevedere dei meccanismi che tutelino non solo i consumatori, ma anche le aziende che hanno dei contratti da rispettare.
Tieni presente che i contratti paper pay, quelli famosi che hanno controllato il mercato fino a quando non è diventato predominante il prezzo spot del gas, hanno guidato i contratti tra Gazprom, l’Eni e altre compagnie europee. E sono dei contratti che con i quali tutti impegni a ritirare una tot quantità di gas a un certo prezzo. Ma se tu non lo ritiri, per varie ragioni, devi comunque pagare quello che ti sei impegnato a ritirare. Questi sono dei meccanismi di mercato e mettere un price cap al prezzo del gas, insomma, non è semplicissimo. Bisogna vedere come si realizza il tutto”.
Sull’obbligo di non importate più gas russo dalla fine dell’anno che cosa ne pensa?
“Il petrolio è più facilmente sostituibile e quindi, in qualche maniera, l’Europa e l’unione europea ne possono fare a meno. Tranne la Romania, che si oppone perché non ha sbocchi e la Russia è la principale fonte di approvvigionamento. Più che altro, penso che si potrà creare un problema nelle nostre raffinerie, perché sono impianti tarati sul greggio russo. Il petrolio russo ha delle qualità e delle specificità, per cui bisogna vedere di trovare o un greggio simile e non è così semplice, oppure modificare le raffinerie. In modo tale che possano lavorare dei greggi diversi da quello russo. Questo potrebbe creare dei problemi per le nostre economie”.
Prevede che ci sarà una nuova crisi energetica, con un conseguente aumento dei prezzi?
“Bisogna vedere come e in quanto tempo riusciremo a modificare i nostri le nostre consuetudini. Perché molto dipenderà dalle abitudini dei cittadini e molto dipenderà da quanto riusciremo a sostituire le fonti fossili con fonti rinnovabili. Soprattutto dipenderà da quando e se riusciremo a fare quegli investimenti che la crisi ambientale richiede, per evitare di collassare il pianeta.
In qualche maniera potranno esserci ancora tensioni, sì. Teniamo presente che le fonti fossili comunque manterranno un ruolo predominante. Io ritengo ancora per decenni. Però possiamo avviare la transizione energetica, a patto di ridurre drasticamente le fonti fossili”.
Per il momento, però, non è stato fatto praticamente niente per la transizione.
“Sì, siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi. La Germania è riuscita a triplicare gli investimenti in fonti rinnovabili grazie a una virata decisa verso il cambiamento. Vediamo noi cosa riusciamo a fare, se riusciamo a semplificare le procedure autorizzative, che sono poi quelli che frenano lo sviluppo di fotovoltaico, eolico e solare”.
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