Guerra in Ucraina, giorno 97. I combattimenti si stanno concentrando sempre più nel Donbass, dove la Russia sta conquistando sempre più terreno. In particolare, la città di Severodonesk sembra ormai circondata completamente dalle truppe di Mosca. La resistenza ucraina sta faticando a controllare l’avanzata e intanto il Consiglio Europeo ha discusso oggi di nuove sanzioni alla Russia. Qual è la situazione? E quale quadro si sta delineando? Al quotidiano online Free.it Alessia De Luca, analista di Ispi.
L’esercito russo sta ottenendo importanti vittorie sul campo mentre l’esercito russo arranca. Ecco perché gli Stati Uniti stanno pensando a una nuova strategia militare. Intanto, però, le cancellerie europee provano ad aprire un nuovo fronte di dialogo con Vladimir Putin. Il punto sulla situazione con l’analista di Ispi Alessia De Luca.
Possiamo definirla ancora una situazione di stallo, quella in Ucraina?
“Sembra che ci siano degli avanzamenti dell’offensiva russa sul fronte orientale, nel Donbass. In particolare, si combatte a Severodonesk, che sarebbe accerchiata. Sicuramente, in questo momento la Russia sta mettendo a segno quello che era la strategia prevista nella seconda parte della guerra. Cioè dopo aver capito che non riusciva a entrare a Kiev e ad occupare le grandi città del Paese.
Allora si è ritirata su una porzione di terreno più piccola. Quella, appunto, intorno al Donbass e ora sta spingendo. E sta cominciando ad ottenere dei risultati tangibili rispetto a quelli che abbiamo visto nella prima fase del conflitto. Quando eravamo tutti molto sorpresi del fatto che i russi non riuscissero ad avanzare”.
E ora?
“In questa fase, il conflitto si sta concentrando sulla parte orientale del Paese e sicuramente l’avanzata russa sta conquistando sempre più porzioni di territorio. Lo abbiamo visto a Mariupol, lo stiamo vedendo adesso a Severodonesk. Proprio per questo, l’amministrazione americana sta decidendo di inviare armi più pesanti. In particolare, sistemi missili a lungo raggio che fino ad adesso non erano stati contemplati tra gli armamenti inviati alla resistenza ucraina”.
Perché rispetto alla prima fase della guerra, in cui appunto, l’esercito russo arrancava, ora vince battaglie. Cos’è successo agli ucraini?
“Beh, rispetto a prima, i russi ora hanno una porzione di territorio più piccola in cui avanzare. La maggioranza delle truppe sul terreno si sta facendo sentire. Prima, invece, il combattimento si svolgeva su un territorio molto vasto, le truppe erano dislocate e divise in gruppi. E l’esercito ucraino, ben armato, con l’aiuto di droni e con il supporto dell’intelligence occidentale era riuscito a contrastare l’avanzamento su larga scala. Adesso le truppe russe sono concentrate tutte nel Donbass e questo sta facendo la differenza”.
Se la Russia riuscirà a conquistare il Donbass e quella porzione di territorio come potrebbe reagire l’Ucraina? Potrebbe accettare di perdere il controllo su una regione?
“Sicuramente andrebbe valutato in una fase di negoziato. Il problema è che siamo ancora alla guerra guerreggiata, cioè non si parla ancora di un negoziato. Non siamo ancora neanche lontanamente vicini a far sedere le due parti coinvolte in questa situazione. Cioè, quella di un’invasione da parte della Russia e di una resistenza da parte dell’ucraina. In questo momento non c’è nessuna possibilità che il presidente ucraino dica “Vabbeh, siccome stiamo perdendo terreno allora… tenetevelo”. Sono cose che andranno discusse con molta calma e molta attenzione quando davvero si inizierà a discutere. E ora siamo lontani”.
Cosa pensa che succederà?
“Io credo che tutti siano consapevoli che ci sono delle questioni che non si potranno risolvere subito ma che andranno discusse nell’ambito di un negoziato. Lasciando intendere che potrà esserci, probabilmente, anche su una forma di autonomia di alcune di queste regioni.
Ma loro si rendono chiaramente conto che in questo momento in cui si combatte, ci sono diverse linee del fronte aperte non avrebbe nessun senso esporsi con delle dichiarazioni che lasciano in qualche modo intravedere la possibilità che Kiev possa rinunciare anche soltanto ad una porzione piccolissima del proprio territorio”.
Si stanno facendo passi in avanti per arrivare a un dialogo?
“La cosa più interessante in questo momento è proprio cercare di capire come si sta cercando di arrivare a questo negoziato, se ci si sta provando e in che misura. Per esempio, questa staffetta di telefonate che ci sono state da parte dei leader europei a Putin in questo fine settimana è un tentativo di riaprire il dialogo. C’è stato prima Draghi, Macron, poi Scholtz. E’ stato un tentativo di dialogo sull’attualità per riaprire una trattativa che era pressoché scomparsa nelle ultime settimane”.
I leader europei che hanno chiamato Putin sono stati accusati di andare in ordine sparso, senza una strategia. E’ d’accordo?
“Io penso che, in realtà fatto, forse lì fatto di non aver chiamato tutti insieme il presidente russo è stata una cosa positiva. In realtà credo proprio che sia un modo per attaccare diplomaticamente su diversi fronti. Ognuno puntando su un aspetto critico. Il presidente Draghi, per esempio, nella sua telefonata a Putin ha ribadito la questione del grano fermo nei porti del mar Nero. E’ stato un tentativo di sbloccare questo ricatto, questa situazione, per poi, se questa strategia dovesse funzionare, applicarla anche su altri ambiti del conflitto”.
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