Il peso delle cure alla madre Lucia Cipriano, gravemente malata, l’ha schiacciata. E quando il tentativo di affidarla ad una badante non ha funzionato, Rosa Fabbiano non ce l’ha fatta più. Resta da capire se abbia fatto tutto da sola.
Il gip Giulio Fanales ha convalidato il fermo e disposto la misura cautelare in carcere per Rosa Fabbiano. La 58enne arrestata giovedì scorso per la morte della madre 84enne Lucia Cipriano. Le accuse sono per omicidio volontario aggravato e vilipendio di cadavere aggravato.
Il corpo dell’anziana è stato trovato fatto a pezzi nella vasca del suo appartamento di vai Boves a Melzo, nel Milanese, dov’è rimasto per circa per 2 mesi. Sempre in bagno c’era une sega e un’altra è stata trovata in cucina. Il resto della casa era in perfetto ordine. La donna nell’interrogatorio davanti al giudice, alla presenza anche dell’aggiunto Laura Pedio e del pm Elisa Calanducci, titolari dell’inchiesta, si è avvalsa della facoltà di non rispondere. E lo stesso aveva fatto giovedì scorso davanti ai carabinieri e al pm Calandrucci. Quando la sorella Loredana, che si era messa in macchina da Trento per andare a trovare la madre e che ha scoperto il delitto, la stava portando dai carabinieri, come lei stessa aveva chiesto, la 58enne ha pure manifestato “l’intento di suicidarsi”.
Rosa non sopportava la malattia della madre
I “motivi fondanti” dell’omicidio, per il gip, sono “da ricondursi all’assoluta incapacità dimostrata dall’indagata nel sopportare il decadimento fisico e mentale altrui e, in particolare, di coloro che le sono affettivamente legati”.
La donna potrebbe anche uccidere ancora se dovesse trovarsi in una situazione simile. Nessuno dei familiari sapeva della morte della pensionata, che dopo essersi separata dal marito viveva sola.
La badante di Lucia Cipriano fuggita dopo un giorno
La badante, assunta da Rosa per assistere la madre, è stata in servizio solo un giorno. Sentita dai carabinieri la donna, di nazionalità romena, ha detto “di avere potuto espletare la prestazione lavorativa soltanto in data 24 marzo, attesa la sostanziale ingestibilità” della pensionata “collegata alle condizioni di salute di lei”. Non solo. Alle 22 dello stesso giorno la donna aveva fatto venire la figlia “presso l’abitazione della madre” in via Boves a Melzo “facendole constatare, insieme alla guardia medica sopraggiunta, l’impossibilità concreta di prosecuzione della cura nelle forme domestiche”. Il giorno dopo Rosa Fabbiano aveva detto alla badante di non rientrare nell’abitazione, ma che lei le avrebbe consegnato all’esterno i suoi “effetti personali”. Forse l’84enne è stata uccisa quel giorno.
La figlia, dopo aver adagiato l’anziana nella vasca, l’aveva coperta con un cellophane assicurandolo ai bordi con del nastro adesivo. L’84enne sarebbe morta per asfissia, poi la figlia l’avrebbe sezionata con una sega.
Le bugie al marito, al figlio e alle sorelle
Rosa ai familiari avrebbe raccontato una serie di bugie. Il marito, infatti, ha raccontato agli inquirenti “di avere sempre osservato la moglie occuparsi in via esclusiva della suocera” che aveva altre due figlie, Loredana, che abita a Trento e Cosima, che vive a Melzo. L’uomo ha detto di aver saputo dalla moglie “alla fine del mese di marzo, che la madre” sarebbe stata “ricoverata all’interno di un centro di assistenza e cura non meglio precisato in ragione del deterioramento delle sue condizioni psichiche”. Da quel momento la moglie “mostrava particolare ritrosia nel parlare ulteriormente della suocera” oramai “non più curabile, perché affetta da una forma irreversibile di demenza”.
Anche il figlio di Rosa Fabbiano a verbale ha spiegato di aver saputo dalla madre che, dopo un “fallimentare tentativo” di affidare la nonna “ad una badante, la nonna era stata collocata all’interno di una struttura sanitaria”. Versione che Rosa aveva dato anche alle altre due sorelle. Ma Loredana non le ha creduto e ha scoperto il delitto.