Mafia, criminalità organizzata e nuove tecnologie: i social network come metodo di comunicazione per orientare la politica.
L’avvento dei Social Network ha stravolto, lentamente ma in maniera costante, il modo di comunicare di milioni di persone. Un mondo nuovo, quella digitale è diventata a tutti gli effetti la modalità di interazione più utilizzata in tutti gli ambiti del vivere quotidiano, cambiando radicalmente la tipologia comunicativa in diversi settori: dall’informazione alla politica, fino ad arrivare alla criminalità organizzata.
Se pensiamo che oggi la mafia utilizzi le vecchie metodologie (per orientare soprattutto la politica) sbagliamo di grosso. Niente silenzi omertosi, basta pizzini. Oggi i social hanno rivoluzionato il modo in cui la criminalità organizzata si racconta, i boss ostentano il loro potere, danno sfoggio di auto, gioielli e case lussuose.
“Qualcuno dice che la mafia non esiste più perché non ammazza più nessuno. È proprio il contrario – spiega lo scrittore ed ex Questore Piernicola Silvis – la criminalità organizzata non ammazza più nessuno perché non ne ha neanche bisogno. Questo la rende ancora più pericolosa. La ‘ndrangheta è uscita dalla Calabria e fa affari al Nord. E’ la sua evoluzione. Oggi le seconde e terze generazioni delle famiglie della ‘ndrangheta calabrese sono manager che hanno studiato alla Bocconi“, sottolinea Silvis in occasione dell’incontro “Le mafie ai tempi dei social” organizzato dalla Fondazione Magna Grecia in collaborazione con il Gruppo Pubbliemme, Diemmecom, LaC Network, ViaCondotti21 e l’Università LUISS.
Oggi non è possibile considerare le piattaforme digitali come elementi totalmente estranei alle dinamiche mafiose, perché proprio attraverso i Social Network le organizzazioni criminali creano il proprio consenso, adattandosi con disinvoltura ai nuovi fenomeni della modernità.
Secondo il Professore dell’Università di Salerno Marcello Ravveduto oggi “le mafie sono un brand. Hanno imparato dai cartelli dei Narcos. Nessun intermediario, solo autonarrazione”. “Twitter è diventata la loro agenzia di stampa, Instagram il loro magazine, Facebook è la loro Tv generalista e TikTok il loro reality show – prosegue Ravveduto – i rampolli dei boss sono gli influencer della mafia e hanno una loro colonna sonora, la musica trap”, conclude.
I Social Network sono diventati il primo elemento nella comunicazione e nella autorappresentazione delle modalità con cui le mafie sono passate dalle vecchie metodologie all’era digitale. Un fenomeno che rende la propaganda criminale ancora più insidiosa.
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