Houda Mehrzad Amidah è una giornalista che lavora in una delle principali emittenti televisive dell’Afghanistan. Lavora a Kabul ma da quando lo scorso agosto i Talebani sono tornati al potere, la sua professione è diventata molto più rischiosa. Qualche giorno fa le giornaliste afgane hanno sfidato l’obbligo di indossare il burqa in onda, non lo hanno messo. Ma da ieri alle tv sono arrivate pesanti minacce.
Qualche giorno fa i Talebani hanno decretato che le giornaliste non possono andare in tv senza il burqa. Solo gli occhi devono essere visibile, per gli studenti coranici che da agosto 2021 sono tornati al potere in Afghanistan. Le giornaliste si sono ribellate, ma la protesta non è durata a lungo. Al quotidiano onlie Free.it Houda Mehrzad Amidah, giornalista in una delle emittenti di Kabul.
Com’è fare la giornalista in questo momento in Afghanistan?
“Essere una giornalista in questo momento è davvero faticoso. Quando lo scorso agosto sono tornati in Talebani sapevo che le cose sarebbero andate malissimo per noi. I primi tempi ci sono state delle manifestazioni di protesta. Io ho seguito un gruppo di donne che protestavano in strada contro quei bruti, le ho filmate, ne abbiamo parlato in tv. Ma era un movimento che non sarebbe durato. La paura è diventata via via più forte. E nessuno si è più interessato a noi. Perciò, sì. Oggi lavorare in una tv nel mondo dell’informazione sotto il regime talebano è molto dura. Soprattutto per noi donne. Rischiamo la vita e molte sono morte”.
Cos’è successo nei giorni scorsi?
“E’ successo che i Talebani hanno decretato che dobbiamo indossare il burqa anche per andare in onda. Solo gli occhi possono essere visibili. E’ come sparire. Allora abbiamo deciso di boicottare la legge. Abbiamo voluto lanciare un messaggio: ci siamo rifiutate e abbiamo indossato solo l’hijab che copre la testa, come al solito. Abbiamo disobbedito per dire che no, non siamo disposte ad accettare questa barbarie”.
E poi?
“Le nostre redazioni, gli uomini, i direttori ci hanno appoggiate. Tutti erano d’accordo ma dopo il clima è cambiato. I Talebani hanno minacciato le emittenti, hanno intimidito i direttori e così ci è arrivato l’ordine di coprirci. Hanno detto che chiunque di noi giornaliste si fosse presentata davanti alle telecamere senza burqa avrebbe perso il lavoro. E forse la vita. I colleghi uomini ci hanno detto che era meglio coprirsi e che per questa volta bisognava mollare la lotta. E’ stato tremendamente frustrante”.
E’ rimasta delusa?
“Non che mi aspettassi qualcosa di diverso, parliamoci chiaro. Sapevo che sarebbe stata solo una sfida al diktat e che poi avremmo dovuto fare come dicono. Ma un po’ ci si spera sempre che con un piccolo scricchiolio si possa spostare il granaio. Siamo ripiombato nel buio delle tenebre, quasi peggio di 20 anni fa.
Afghanistan, la giornalista Houda Mehrzad a Free.it | “Quanti sacrifici buttati via…”
E pensare quanti sacrifici le nostre madri hanno fatto, quanta strada avevamo percorso per arrivare fin qui. Anche le ragazzine nelle scuole sono tutte coperte”.
Nei mesi scorsi i Talebani avevano proibito alle ragazze di studiare. Poi hanno fatto una piccola marcia indietro. Com’è la situazione ora?
“I talebani hanno riaperto solo alcune scuole in 9 province. Il che vuol dire che non c’è spazio per la gran parte delle ragazze che vogliono studiare. E quelle aperte sono severamente controllate. Basta un piccolo sgarro alle regole perché l’intera scuola venga chiusa. E le regole impongono alle ragazze di essere completamente coperte, solo la fessura degli occhi e le mani. Sempre che non impongano anche i guanti”.
Quanto è manipolata dai talebani l’informazione?
“Quasi completamente. Da quanto sono tornati al potere, più del 40% dei media che c’erano prima sono spariti. E i giornalisti sono stati licenziati. Pensa che, in poco meno di un anno più di quattro donne su cinque hanno dovuto lasciare il lavoro.
Per i giornalisti maschi è andata meglio: solo uno su due è stato mandato via. Questo lo dice anche il rapporto di giornalisti senza frontiere. I media che sono rimasti devono rispettare le loro regole, seguire le notizie che dicono, coprire la politica per come la intendono. Mai fare commenti, mai denigrare, mai usare l’ironia”.