Guerra in Ucraina, giorno 86. Mentre la guerra è in stallo, i riflettori sono tutti puntati ancora sull’acciaieria Azovstal e sui combattenti che sono rimasti dentro. All’interno ci sarebbero ancora un migliaio di persone, intenzionate a non arrendersi fino alla fine. C’è invece preoccupazione per la sorte dei soldati che si sono arresti e sono usciti due giorni fa. Cosa ne sarà di loro? C’è il rischio che vengano condannati a morte? Al quotidiano online Free.it Marco di Liddo, analista militare del Ce.S.I. – Centro Studi Internazionali.
La crisi Ucraina sembra arrivata a un punto di stallo. Non ci sono grosse battaglie, non sembrano esserci passi in avanti sui negoziati. Sul lato geopolitico si stagliano all’orizzonte nuove problemi, con la Turchia che, ancora una volta, si pone come ago della bilancia. Come se ne esce? E come stanno davvero le cose? In più c’è la questione dei militari dell’acciaieria Azovstal, che per gli ucraini sono i simboli della resistenza stregua contro gli occupanti. E invece per i russi potrebbero essere la carta vincente per la propaganda interna. Ma come? Lo abbiamo chiesto a Marco di Liddo, analista militare del Ce.S.I. – Centro Studi Internazionali.
Che cosa succederà ai militari dell’acciaieria Azovstal che si sono arresi? Saranno scambiati con prigionieri russi o saranno condannati a morte?
“È complicato a dirsi. Nei giorni prima della caduta dell’Azovstal, entrambe le parti in conflitto avevano parlato di un accordo l’aggiunto. Di una volontà comune di scambiare i prigionieri. Adesso, però, il comportamento della Russia è leggermente diverso e sembra stia venendo un po’ meno l’idea. Anche perché, contemporaneamente, in Ucraina è partito il primo processo per crimini di guerra contro un soldato russo. E questo è un avvenimento che, dal punto di vista delle pubbliche relazioni, non può essere ignorato.
Io penso che una buona parte dei combattenti potrebbe davvero essere scambiata con prigionieri russi, più avanti. Ma altri, invece, saranno usati per sottolineare la vittoria contro i nazisti ucraini. Se qualcuno dei soldati ucraini dovesse avere segni di riconoscimento che lo indentificano come nazista, tipo tatuaggi, scritte. Oppure se l’intelligence russa individua qualcuno di loro come neonazista, quelli potrebbero essere trattati diversamente. Usati per propaganda politica, per sottolineare il processo compiuto di denazificazione dell’Ucraina. Di cui Putin aveva parlato nel suo discorso di febbraio.
Quei soldati potrebbero essere processati pubblicamente. Poi il destino che li aspetta non sarà in ogni caso bello. Non so se saranno fucilati, torturati nelle prigioni, mandati in Siberia e poi fatti sparire nel silenzio. Comunque vada, non so quale destino sia peggiore“.
A che punto è la guerra?
“Bisogna distinguere tre piani differenti: quello della situazione sul campo, quello delle relazioni bilaterali tra Kiev e Mosca e quello delle relazioni internazionali. Sotto il profilo militare la situazione è diciamo in stallo, che però non è immobilismo. Cioè, i russi hanno incassato una serie di performance negative, hanno dovuto abbandonare la direttrice di Kharkiv. Molto probabilmente hanno rinunciato all’offensiva su Odessa, per il momento. Dall’altro lato, però, c’è anche una lenta avanzata russa nel settore centrale del Donbass, fronte orientale. non parliamo ancora di grandi città conquistate, non parliamo ancora di successi clamorosi. Però lentamente, settimana dopo settimana qualche piccolo villaggio cade. E i russi si stanno avvicinando a Severodonesk e altre città più grandi. Però in linea di massima la resistenza Ucraina tiene, almeno per il momento”.
Dal punto di vista dei rapporti tra Kiev e Mosca, qual è la situazione?
“Dal punto di vista politico non c’è alcun progresso significativo. Non si tengono tavoli negoziali ormai da giorni e le due parti sono ferme sulle posizioni di qualche settimana fa. I russi continuano a volere il riconoscimento della Crimea il riconoscimento delle repubbliche autonome del Donbass. Chiedono la neutralità dell’Ucraina e quant’altro.
Gli ucraini hanno dichiarato di recente che puntano comunque al ripristino della propria integrità territoriale E a rimandare i russi al di là del confine. Su questo c’è un po’ di ambiguità, perché le dichiarazioni a volte sono confliggenti. Un giorno Zelenski dichiara che vuole tornare alla situazione precedente al 24 Febbraio; quindi, sostanzialmente con le due repubbliche separatiste controllate dai russi. Altri giorni dicono, invece, di puntare a un paese completamente liberato alla Russia”.
E invece dal punto di vista internazionale?
“Dal punto di vista internazionale, la domanda di adesione di Finlandia e Svezia alla NATO è un avvenimento epocale. Ed è uno di quegli scossono politici che può cambiare la mappa dell’Europa, qualora i turchi non mettessero il veto. Ma comunque ora come ora il veto della Turchia è da interpretare come una sorta di mercanteggiamento. Erdogan sta chiedendo agli alleati cosa danno in cambio, se la Turchia toglie il veto. Questo è il grosso problema. Erdogan ha legato il veto alla questione del PKK. Quindi potrebbe essere molto difficile da gestire un’eventuale dietrofront. Perché comunque la lotta al PKK è un cavallo di battaglia di Erdogan e Finlandia e Svezia lo supporta Bisogna vedere quali mosse faranno i due Paesi soccorsa per ottenere che la Turchia tolga quel veto.
Dal canto suo, la Russia ha fatto capire che di per sé l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato non è un problema. Bisognerà vedere quali dispositivi Nato saranno installati sui due Paesi Sostanzialmente, Putin sta dicendo “non ne faccio una questione politica cruciale, però se l’occidente piazzerà dei sistemi d’arma che mi mettono in difficoltà sul piano interno, sarò costretto a reagire”.
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