Licenziato perchè troppo zelante nel suo lavoro. La storia di un capotreno sospeso da Trenitalia per le troppe multe emesse è arrivata davanti al giudice. La decisione del tribunale è chiara.
Il lavoratore, che faceva il proprio dovere con scrupolo, era stato licenziato per aver fatto migliaia di contravvenzioni in pochi anni.
Era il “terrore” dei furbetti del biglietto in treno. Imperturbabile, diligente e soprattutto intransigente. Migliaia di multe che però, stranamente, non sono piaciute a Trenitalia che aveva deciso di licenziare il capotreno sessantenne, in servizio nel compartimento di Venezia. L’uomo era l’incubo non solo per i passeggeri dei Frecciarossa, il cui controllo era quello preminente, ma anche per i pendolari, che se trovati senza biglietto non avevano scampo davanti al capotreno zelante.
E’ risultato così che il capotreno veneziano aveva emesso circa duemila titoli di viaggio, dopo aver staccato prima altrettante contravvenzioni. Ma 175 biglietti, appena il 3,5% del totale, erano sbagliati nell’importo. E questo, per Trenitalia, era il motivo del licenziamento per “giusta causa”, avvenuto nel 2017. Secondo l’azienda il dipendente aveva causato un danno di immagine ed anche un danno erariale, di circa 9.800 euro.
Capotreno zelante licenziato, la Cassazione gli dà ragione e obbliga Trenitalia a reintegrarlo
Ma lui, il Re delle multe, non si è arreso ed ha fatto valere i propri diritti. E’ ricorso al giudice del lavoro contro il licenziamento, l’azienda a sua volta si è opposta in tutti i gradi di giudizio.
Alla fine la causa è arrivata alla Cassazione. Che ha dato ragione al dipendente, intimando all’azienda ferroviaria di reintegralo in servizio. Nella sentenza i supremi giudici lo hanno descritto come un uomo di “zelo non comune, inflessibile ed estremamente puntiglioso nell’elevare contravvenzioni“, un controllore dotato di “intransigenza zelante”. Un capotreno che, insomma, sarà pure “inflessibile ed estremamente puntiglioso“, ma senza “finalità esclusive di lucro né in mala fede contro l’azienda“.
Adesso il sessantenne è tornato. I giudici della Cassazione hanno deciso che, in fondo, faceva solo il proprio dovere, seppur in modo “estremamente puntiglioso”.