L’Europa sta lavorando per ridurre la sua dipendenza dal gas russo. Dopo l’invasione dell’Ucraina, molto Paesi stanno cercando di trovare soluzioni alternative e trovare nuovi fornitori di gas. Per due ragioni: sia per dare meno soldi alla Russia, sia per essere meno ricattabili. Da molto tempo, infatti, Vladimir Putin utilizza il gas e le materie prime di cui il territorio russo è ricco come arma contro l’Occidente. Ma quanto tempo ci vorrà per distaccarsi da Mosca? E quali sono i veri problemi? Al quotidiano Free.it Vincenzo Comito, economista di Sbilanciamoci, nonché esperto di industria ed energie.
Quanto ci costerà renderci energeticamente indipendenti dalla Russia? E cosa ci dicono i politici italiani? Il governo Draghi sta portando avanti accordi per trovare nuove forniture e dice che non ci vorrà molto per distaccarci dal gas di Mosca. Secondo i dati Eurostat, nel primo semestre del 2021 l’Ue ha importato il 46,8% del suo fabbisogno di gas dalla Russia, il 20,5% dalla Norvegia, l’11,6% dall’Algeria, il 6,3% dagli Stati Uniti, il 4,3% dal Qatar e il 10,5% da altre fonti. Si dovranno trovare, dunque, nuovi fornitori e tanto tanto gas. Ma da chi? E in che tempi? Al quotidiano Free.it Vincenzo Comito, economista di Sbilanciamoci, nonché esperto di industria ed energie.
Secondo lei i tempi per un reale distacco dal gas russo non sono quelli che l’Europa e anche l’Italia stanno dichiarando. Perché?
“Ci sono almeno due ragioni perché quello che dicono è falso. La prima è di gas non ce n’è e quel poco che c’è appartiene a Paesi con cui non ci sono buoni rapporti politici o economici. Per cui bisogna fare accordi importanti con questi nuovi fornitori. La seconda ragione è che non ci sono infrastrutture adeguate e ci vorranno anni per realizzarle”.
Partiamo dal problema dei fornitori. In prima linea ora ci sono gli Stati Uniti. Cosa dice degli accordi fin qui presi?
“Gli Stati Uniti hanno promesso di mandarci 15 miliardi di metri cubi supplementari già quest’anno. E sarebbe praticamente una quantità pari 10% del gas russo nel 2021. Ma questo non è possibile. Non lo dico io, lo dicono gli esperti di tutto il mondo, statunitensi compresi. Gli Stati Uniti, infatti, hanno già attivato il 100% della capacità degli impianti di liquefazione del gas. In pratica non c’è più niente da esportare. Almeno per quest’anno.
Il The Economist ha detto che, per poter rispettare le quantità promesse da Biden, serviranno 4 a 5 anni per adeguare gli impianti con un investimento di 35 miliardi. E non è un problema infrastrutturale da niente. Consideriamo, infatti, per ricevere tali quantità di gas, anche molti Paesi europei devono adeguare gli impianti”.
Chi c’è ancora?
“C’è il Qatar, che attualmente fornisce il 4,3% del gas per l’Italia. Il problema del Qatar è che quasi il 90% della sua produzione è condizionata da accordi di lungo termine con diverse nazioni dell’Asia centrale. E questi accordi non possono essere rivoluzionati all’improvviso. Quello che possiamo ottenere dal Qatar è al massimo quel 10% libero da vincoli prestabiliti a lungo periodo. Le forniture potranno, dunque, aumentare solo se gli altri Paesi accetteranno di farsi da parte e comunque non a breve”.
Veniamo al nord Africa. Di recente il governo Draghi ha fatto un accordo con l’Algeria.
“Sì. L’accordo prevede una fornitura di 3 miliardi di metri cubi in più di gas già quest’anno, altri 6 nel 2023 e si arriverà a 9 miliardi nel 2024. C’è tener presente che le forniture all’Italia dall’Algeria si sono ridotte di quasi un terzo tra il 2007-2008 e il 2021. Aspettiamo a vedere se ci saranno ripercussioni politiche da parte della Russia. Algeria e Russia sono amiche.
Il Paese, per esempio,, si è astenuto all’Onu alla votazione sulla condanna dell’invasione russa e acquista da Mosca il 70% delle armi. Sono cauto. Vediamo se riusciranno a rispettare gli accordi, dal momento che anche lì gli impianti sono molto vecchi e andrebbero rinnovati prima di aumentare le forniture”.
Di recente il governo Draghi ha fatto anche un accordo con l’Egitto.
“Non ho visto l’accordo nel dettaglio, ma sono forniture minime. E’ chiaro che in questo momento, nell’ottica di distaccarsi da Mosca, tutto da brodo. Ma il punto è che quello che i politici e i media italiani raccontano non è credibile. Non ci vorrà poco per distaccarsi dal gas russo. Sarà un procedimento lungo e costoso. Io ho letto cosa dicono gli altri giornali europei sull’indipendenza dal gas russo: il The Economist, Le Monde, il Financial Times. Scrivono esattamente quello che le sto raccontando io”.
Ma quindi, secondo previsioni realistiche, le scorte ci basteranno per quest’estate, per l’autunno, per l’inverno? O dovremo razionare?
“Se non farà tanto caldo ad agosto ci arriviamo. Poi sarà molto dura. Non solo bisognerà razionare il gas, ma si rischierà di dover fermare l’industria. Dovremo certamente abbassare i nostri riscaldamenti di almeno 3-4 gradi, sperando di non andare in sofferenza. Il gas non c’è. Per rinnovarsi ci vuole tempo e ci vogliono investimenti, per il gas come per le rinnovabili. E finora non è stato mosso un dito”.
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