Cinema in lutto, addio a Catherine Spaak, l’attrice belga entrata nel cuore di molti italiani grazie a film cult come “Febbre da Cavallo”.
A Roma la chiamavano Gabriella, il merito è di Steno che quando fece “Febbre da Cavallo” la chiamò per affiancare Gigi Proietti in quello che sarebbe diventato uno dei film cult della Commedia all’italiana: Catherine Spaak, nata il Belgio e sbocciata nello Stivale come un fiore affatto acerbo ma ricco di sfumature, se n’è andata nella notte. Aveva 77 anni e lascia dietro di sé una florida carriera, fatta di occasioni e ruoli intramontabili: musa dei più grandi, da Comencini a Risi, passando per Salce.
Quel caschetto biondo e il sorriso irriverente gettavano le basi su una comicità irriverente accompagnata da un portamento e una classe difficilmente paragonabili. La dialettica sempre pungente, con quel leggero accento che faceva carattere. Il carattere, appunto, lo aveva nello scegliere i progetti: mai da cornice, sempre in primo piano dove riusciva a dare il meglio. Non solo Steno e Comencini, ma anche Monicelli ne “L’armata Brancaleone”.
Poi Campanile in “Adulterio all’italiana”. Pezzi di vita e di cinema che si intrecciano nella giusta misura: una donna capace di dare tutto in scena per risparmiarsi fuori. 4 mariti, tra cui Johnny Dorelli (altra icona del cinema e musical italiano) e 2 figli ma mai un pettegolezzo o una voce fuori luogo.
Era – e resta – una delle donne più desiderate e desiderabili della settima arte proprio per questa sua leggerezza – da non confondere assolutamente con la superficialità – in grado di renderla unica e a tratti empatica: una mimica capace di entrare nella testa come un tarlo. Le ultime apparizioni risalgono al 2021, nella trasmissione con Serena Bortone “Oggi è un altro giorno”.
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Prima ancora al cinema, che non ha mai lasciato, con Enrico Iannacone nel film “La vacanza” (2019) e Gabriele Pignotta che l’ha voluta nel suo “Ti sposo, ma non troppo”. Malata da tempo, aveva avuto alcune avvisaglie affatto rassicuranti nel 2020, quando venne colpita da un’emorragia cerebrale. Due anni più tardi la fine, anche se i titoli di coda – su un talento così poliedrico – non passeranno mai.
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