Perfino in un momento delicato come quello del lockdown c’è stato chi ha speculato sui prezzi dei dispositivi di protezione individuale, fondamentali per evitare le terribili conseguenze del Covid. Ora cinque imprenditori rischiano grosso.
In un momento di estrema confusione e paura per il nostro Paese come quello del lockdoown in piena pandemia, c’è chi ha cercato di speculare su una cosa fondamentale come i dispositivi di protezione individuale.
Sarebbero cinque gli imprenditori per cui la Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per i reati, a vario titolo contestati, di manovre speculative sul mercato, tentata truffa aggravata e frode in pubbliche forniture. Questi avrebbero speculato sull’emergenza Covid, stipulando con le Asl pugliesi, durante il lockdown del marzo 2020, contratti per forniture centinaia di migliaia di mascherine Ffp2 e Ffp3 con rincari dal 41 al 4.100%.
Rischiano quindi il processo Romario Matteo Fumagalli, legale rappresentante della società Sterimed srl di Miliano con sede operativa a Surbo. Massimiliano Aniello De Marco, legale rappresentante della Servizi Ospedalieri spa di Ferrara, Gaetano e Vito Davide Patrizio Canosino, legali rappresentanti rispettivamente delle società 3MC spa e Penta srl di Bari e Elio Rubino, legale rappresentante di Aesse Hospital srl di Bari.
Mascherine Ffp2 e Ffp3, prezzi gonfiati oltre il 40% : i fatti contestati
Stando alle indagini della Guardia di finanza, coordinate dal procuratore Roberto Rossi, sarebbero stati applicati sovrapprezzi via via crescenti nel corso dei diversi passaggi della filiera commerciale, arrivando a vendere mascherine del valore di poche decine di centesimi fino a oltre 20 euro ciascuna.
Nell’imputazione si legge che la Guardia di finanza ha accertato, per quanto riguarda la Sterimed, che la società avrebbe stipulato con la Asl di Bari un contratto per la fornitura di 500mila “mascherine e analoghi dispositivi di protezione individuale, senza avere la materiale disponibilità dei dispositivi al momento dell’offerta. Praticando la cosiddetta vendita allo scoperto” e alla fine ne furono consegnate soltanto 50mila. Ma non solo, queste subirono “ricarichi sul prezzo via via crescenti nel corso dei diversi passaggi della filiera commerciale, in tal modo imponendo sul mercato un prezzo progressivamente maggiorato e largamente superiore a quello ordinario di vendita praticato prima dell’emergenza, applicando prezzi fuori mercato e ricarichi sino al 41,38%“.
Tutto questo, “approfittando delle necessità di protezione sanitaria nel tempo di emergenza epidemiologica“. Per quanto riguarda la società Servizi Ospedalieri, il contratto con la Asl di Bari prevedeva la vendita di 1 milione di mascherine Ffp2, anche in questo caso ne furono consegnate solo 199mila, e anche queste, con rincari fino al 62,5%. Questo ha comportato un “danno all’ente, rappresentato dall’averlo privato dei presidi individuali di protezione, merci di prima necessita a causa dell’emergenza Covid“.
Mascherine Ffp2 e Ffp3, prezzi gonfiati: il processo
Le accuse rivolte agli imprenditori Canosino e a Rubino riguardano invece vicende collegate, legate all’acquisto di mascherine dalla Cina pagate 36 centesimi dalla 3MC, poi rivendute a circa 6-7 euro alla Penta, la quale, a sua volta, le avrebbe vendute alla Aesse Hospital al doppio, con rincari complessivi superiori al 4mila%.
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Un ulteriore soprapprezzo del 49% sarebbe stato applicato dalla società barese alle Asl di Bari, Taranto, Lecce, Brindisi e al Policlinico di Foggia, per l’acquisto di circa 38 mila mascherine al costo di 18-20 euro cadauna, per oltre 730 mila euro complessivi. L’udienza preliminare inizierà il 20 maggio, dinanzi alla gup del Tribunale di Bari Paola Angela De Santis.