Denis Prokopenko, ex capo dei tifosi della Dinamo Kiev e paramilitare: ecco chi è il comandante del famigerato battaglione Azov.
Ventisei giorni fa la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina, ventisei giorni di bombardamenti, colloqui negoziali, civili assassinati e corridoi umanitari. Una guerra che prosegue senza esclusione di colpi, con le truppe di Mosca avanzano in direzione Kiev. Più volte il Presidente Putin ha motivato l’aggressione all’Ucraina dichiarando l’intenzione di voler “denazificare” il Paese. E ovviamente il processo di “ripulisti” russo passa soprattutto per l’annientamento del battaglione Azov.
Il Battaglione divenuto Distaccamento autonomo operazioni speciali Azov, o Reggimento Azov, ha sede nella città di Mariupol. Ha combattuto principalmente, fino allo scoppio della guerra con la Russia, contro le forze dei separatisti filorussi del Donbass. Il reparto è famoso per la durissima selezione dei suoi membri e per il feroce addestramento a cui questi vengono sottoposti, ma anche per diverse accuse di crimini di guerra e tortura. A capo del battaglione da cinque anni c’è Denis Prokopenko, ex capo dei tifosi della Dinamo Kiev e paramilitare. Prende parte alla rivolta del 2014, con la più grande e cruenta manifestazione filoeuropeista della storia ucraina. Migliaia di manifestanti si radunarono nella piazza principale di Kiev per protestare contro le posizioni filorusse dell’allora Presidente Janukovic, successivamente costretto a scappare.
Il Bataglione Azov è formato per la maggior parte da da volontari provenienti da partiti e movimenti politici legati all’estrema destra ucraina e coadiuvati da volontari d’ispirazione nazifascista e neonazista provenienti anche da altri Stati europei.
Prokopenko è famoso in Ucraina per un particolare episodio che lo ha visto protagonista assieme al Presidente Volodymyr Zelensky. Tre anni fa, in occasione dell’anniversario dei fatti di Maidan, si è fatto notare per il rifiuto di salutare il neoeletto Presidente Volodymyr Zelensky mentre riceveva le medaglie.
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Un evento insolito, in tanti interpretarono quanto accaduto come un gesto di ostilità e persino di antisemitismo nascosto. In seguito il comandante del Battaglione Azov chiarì che semplicemente non stava salutando i civili. Il leader ceceno Ramzan Kadyrov ha annunciato una ricompensa di mezzo milione di dollari (per conto di Putin) a chiunque porti la sua testa o altre prove della sua uccisione.
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