Champions League, Messi e Ronaldo scendono prima. Niente quarti per loro, i campioni lasciano il posto alle nuove leve: fine di un’era?
Quella musichetta nelle orecchie negli ultimi anni, che sono diventati decenni, aveva (quasi) sempre garantito una certezza: a sentirla più o meno fino alla fine c’erano sempre Messi e Ronaldo. L’inno della Champions non è solo questione di SIAE, ma è un “marchio” riconoscibile dell’essere campioni.
Infatti quei due ne hanno vinte e viste parecchie, non insieme: sempre a rincorrersi come cane e gatto, oppure il gatto con il topo. O meglio la Pulce contro il predestinato. Fate voi, perchè loro non possono più: PSG e United, quest’anno, escono prima delle aspettative: sia Messi che Ronaldo si arrendono all’evidenza. Non c’è più posto per loro che un angolo di storia ce l’hanno già. Devono lasciare spazio ad altri.
Champions League, Messi e Ronaldo fuori: campioni di ieri e speranze di oggi
Questo il verdetto che sancisce – in maniera insindacabile – il campo: è tempo di altri. Del Cholismo o Ancelottismo. Dei Luka Modric, dei Lodi e dei Felix. Il futuro è altro: dal punto di vista degli “alieni”, quelli che in campo hanno lo smoking anziché la maglietta, Ronaldo e Messi sono “rimpiazzati” amabilmente da Erling Haaland e Kylian Mbappè.
Loro oggi riempiono gli stadi. Non solo in Champions. Sono quelli – per dirla alla Capello – che riescono a fare determinate cose senza sforzi: coloro che hanno la mente settanta con il corpo, più la gioventù – tutt’altro che bruciata – dalla loro parte. Guai a pensare che bastino per fare delle imprese. Infatti Kylian la Champions la guarderà da casa, perchè il PSG si è arreso al ciclone Karim.
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Tra un Benzema e l’altro ci sarà tempo di scrivere la storia che prevede, tra le altre cose, un folto gruppo di sostenitori. Le imprese non si fanno mai singolarmente: l’unione fa la forza, una squadra fa molto di più. Messi e Ronaldo ora sono scacchi nel cielo del calcio: ancora un po’ matti, nel senso buono e creativo del termine, senza più mezzi per andare dove vorrebbero. O meglio: alla velocità che desiderano. Niente è per sempre, neppure la gloria. Anche se gli applausi ancora li strappano. Una vita al top non si cancella in 180 minuti.