Morte Liliana Resinovich, svolta nelle indagini: trovate tracce del suo dna sul cordino stretto al collo della 63enne scomparsa a Trieste lo scorso 14 dicembre e trovata morta tre settimane dopo nel parco dell’ex Ospedale psichiatrico.
Novità importanti sul giallo Resinovich, gli esami sul cordino che stringeva il sacchetto di nylon nel quale era infilata la testa della 63enne rafforzano l’ipotesi del suicidio. La Polizia scientifica sta analizzando i reperti del caso, comparando il materiale genetico rinvenuto sullo spago con quello della donna, estratto nel corso durante l’autopsia.
Ciò che emerge dai test effettuati sul laccio stretto al collo di Liliana Resinovich lascia pensare che la morte della donna sia stata conseguenza di un atto volontario, ipotesi finora ritenuta poco verosimile dagli inquirenti. “Confermo, sul reperto è stato trovato il dna della Resinovich”, ha commentato il procuratore di Trieste Antonio De Nicolo.
Giallo Liliana Resinovich, prende corpo l’ipotesi suicidio
Il corpo di Liliana Resinovich era stato rinvenuto all’interno di due sacchi neri, la testa all’interno di due sacchetti di nylon chiusi con un cordino stretto al collo. Un quadro che mal si concilia con l’ipotesi di un suicidio, pista inizialmente poco battuta dagli investigatori. Eppure secondo i medici legali è possibile che la 63enne abbia deciso di farla finita. Non sarebbe questo il primo caso di soffocamento con queste modalità.
Si fa strada, dunque l’ipotesi suicidio. Dalla batteria degli esami effettuati non sono emersi elementi che facciano propendere per l’omicidio. Nessun segno evidente di violenza sul corpo, nessuna traccia di avvelenamento, niente anche dagli esami degli altri reperti. L’unico inconveniente riguarda il possibile allungamento dei tempi d’indagine.
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La traccia trovata sul cordino ha infatti un “difetto”: si tratta cioè di un dna misto. In sintesi, sullo spago non c’è solo il dna di Liliana, ce n’è un altro, debole, di difficile identificazione, definito “sporco”. L’esame sarebbe irripetibile per l’esiguità del materiale biologico a disposizione degli analisti: dovrebbero essere informate le persone “sospettate”, in modo da evitare contestazioni future. Con tutte le ripercussioni mediatiche che ne conseguirebbero.