L’imprenditore farmaceutico, arrestato per aver drogato e violentato 4 ragazze e la ex moglie, che ha anche tentato di uccidere, va ai domiciliari nella comunità terapeutica ‘La Perla’ di Grumello, del gruppo Crest. In un’altra clinica dello stesso gruppo è in cura anche Alberto Genovese. Tante le proteste da parte delle vittime e dei loro familiari. La Procura chiarisce in una nota.
Avrebbe minacciato il suicidio Antonio Di Fazio, l’imprenditore farmaceutico finito in carcere per aver drogato e violentato 4 ragazze oltre all’ex moglie, che avrebbe anche cercato di uccidere. E dopo 8 mesi trascorsi a San Vittore “ha preso coscienza” della gravità dei suoi comportamenti. Il rischio che commetta ancora abusi di questo è “fortemente attenuato”. Sono queste le ragioni che hanno spinto il gip di Milano Anna Magelli a concedergli gli arresti domiciliari nella comunità ‘La Perla’ di Grumello, in provincia di Bergamo, una delle sedi comunità Crest. In un’altra struttura dello stesso gruppo è in cura anche Alberto Genovese, il ‘re delle start up’ a processo per aver drogato e abusato di una 18enne ospite ad una festa di Terrazza Sentimento e una 23enne ad Ibiza.
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Di Fazio indosserà il braccialetto elettronico e dovrà proseguire il percorso di recupero psicoterapico avviato a San Vittore. Una decisione che ha ottenuto il parere favorevole della Procura ma che ha suscitato non poche critiche delle parti offese.
Adattarsi alla vita nel carcere di San Vittore per Di Fazio non è stato facile. Il 29 settembre l’imprenditore avrebbe anche tentato il suicidio. A farlo desistere, a quanto si legge nelle carte, sarebbe stato il “forte legame con il figlio”. E proprio per non minare ulteriormente l’equilibrio del ragazzo, avuto dall’ex moglie americana, Di Fazio si sarebbe deciso ad imboccare un percorso psicoterapeutico. E ora potrà approfondirlo in comunità.
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Dagli atti dell’inchiesta, però, emergerebbe una situazione ancora più complessa e articolata rispetto a quella valorizzata dal giudice nel suo provvedimento. E anche con il figlio, che ha incontrato in carcere in diverse occasioni, Di Fazio pur avendo recuperato in gran parte la “genitorialità”, avrebbe mostrato a tratti atteggiamenti eccessivi. Esagerazioni e spacconate che tanto ricorderebbero il passato, quando l’imprenditore per far colpo sulle sue vittime, diceva loro di far parte dei servizi segreti o delle forze dell’ordine. E mostrava loro falsi tesserini.
Inevitabili le perplessità e le proteste da parte delle vittime e dei loro familiari. In attesa di tornare in aula, lunedì prossimo, tramite i loro legali, le ragazze hanno fatto sapere di non aver ricevuto alcun “segnale” del cambiamento di Di Fazio. E dopo il calvario che hanno attraversato – sono state tutte drogate con pesanti dosi di benzodiazepine, poi violentate e fotografate nude – si sentono dimenticate.
“Facile dire che abbia ‘preso coscienza’ degli atti che ha compiuto. In questi mesi, però, Di Fazio non ha dati nessuna prova tangibile della sua presa di coscienza rispetto ai fatti commessi. Non parliamo solo di risarcimenti ma anche di una lettera di scuse. Bastava un messaggio per manifestare un suo ripensamento rispetto a quello che è accaduto e alle sofferenze causate. Invece non è arrivato nulla”, sottolinea l’avvocato Laura Panciroli, legale di una delle giovani donne che si sono costituite parti civili contro Di Fazio. “Noi – conclude il legale – chiediamo che le parti offese non scompaiano dai processi. In Italia deve cambiare la cultura in questo senso“.
Con un comunicato, diffuso nel pomeriggio, il procuratore di Milano Riccardo Targetti ha spiegato il perché delle decisione e chiarito che l’imprenditore resterà comunque detenuto.
“Le notizie di stampa secondo cui Antonio Di Fazio, imputato di numerose violenze sessuali, sarebbe stato scarcerato già giovedì scorso 17 febbraio, sono errate”, si legge una nota. “Di Fazio è tutt’ora detenuto presso il carcere di San Vittore – prosegue il procuratore Targetti – e continuerà ad affrontare in stato di detenzione il processo con il rito abbreviato tutt’ora in corso. Il gip di Milano, su istanza dei difensori e con il parere favorevole della Procura, ha solo ordinato il trasferimento dell’imputato in una comunità protetta ad alta intensità di protezione, ove rimarrà in stato di detenzione con braccialetto elettronico e pertanto nella pratica impossibilità di muoversi e di comunicare con persone diverse dai difensori e dai familiari”.
La precisazione si è resa necessaria “per rassicurare le vittime dei reati ascritti al Di Fazio – conclude la nota – presso le quali l’errata notizia della scarcerazione ha creato un gravissimo e giustificato allarme”.
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