Gianni Maria Guidi, ora quasi ottantenne, ha guidato per 30 anni il “gruppo esoterico” della “setta delle bestie”. Abusava e torturavano bambine e ragazzine, che poi costringeva anche a lavorare gratis nelle sue attività. A giudizio anche 28 adepti diventati aguzzini.
Torture, violenze sessuali e sofferenza per far parte della psico-setta. Il dolore come viatico verso la purificazione. Era questo il percorso che la psico-setta messa in piedi da Gianni Maria Guidi, quasi 80 anni, per la Procura di Torino, riservava alle bambine e alle ragazzine che finivano nella sua orbita.
Sevizie, abusi sessuali anche di gruppo che servivano a piegare le giovani vittime e a renderle ubbidienti ai desideri del ‘Dottore’, come Guidi si faceva chiamare. Per lui e per altri 28 seguaci della “setta delle bestie” il gip di Torino Alfredo Toppino ha disposto il rinvio a giudizio.
La base della psico-setta era nel Novarese
La base logistica della setta era a Cerano, in provincia di Novara. Anche le violenze sessuali di solito avvenivano in una casa e in un hotel del paese.
Il ‘Dottore’, approfittando dello “stato di soggezione” delle ragazze, ha abusato di loro per anni – in alcuni casi da quando avevano 7 o 8 anni fino all’età adulta – e le metteva anche a disposizione di altri componenti della sua organizzazione.
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Le sevizie erano frequentissime, ma l’influenza del ‘Dottore’ non si limitava alla sfera sessuale. Guidi controllava l’intera esistenza delle bambine e delle ragazze, decidendo per loro il corso di studi da seguire e poi obbligandole a lavorare, senza essere retribuite, per la sua erboristeria ‘Quintessentia’ a Milano, la casa editrice ‘La terra di mezzo’, la scuola di danza ‘Magica’, un centro di consulenza psicologica e le altre attività che negli anni aveva messo in piedi.
Le pressioni e le minacce
Alle vittime e agli membri della psico-setta Guidi proponeva “riti purificatori”, basati su rapporti sessuali violenti che servivano a suo dire “ad annullare ‘l’io pensante’ – scrive il gip – per accendere il ‘fuoco interiore'”. Se si fossero rifiutate o ribellate, venivano “minacciate di malattie e disgrazie”.