Un’altra ordinanza del Consiglio dei Ministri che stabilisce le nuove regole sul green pass dal 1 Febbraio: ecco dove non serve il certificato verde. Cosa cambia in Italia.
Arriva con qualche ora di attesa in più l’ok definitivo del presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi al nuovo Dpcm dove saranno elencati i luoghi nei quali entrare senza mostrare il green pass. Piccole eccezioni. Il premier ha firmato il documento con indicato le attività dove dal 1 Febbraio è possibile accedere senza il certificato verde: supermercati, alimentari, farmacie, parafarmacie, sanitari, ottici, carburanti, prodotti per animali. Senza pass si potrà accedere anche negli uffici giudiziari, questura o comando carabinieri solo per denunce.
Tra le novità assolute del nuovo Dpcm, salta la deroga sulla norma per le esigenze essenziali primarie presso gli uffici postali. Infatti è stabilito che senza green pass non sarà possibile andare in un ufficio postale o banca a ritirare la pensione.
In queste ore inoltre, manca poco, si attende di conoscere l’ormai classico rapporto settimanale del venerdì della cabina di regia anti Covid, che dovrebbe portare alcune regioni, tra queste Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Sicilia molto probabilmente in zona arancione. Dati che partiranno dagli ultimi registrati ieri, con 188.797 nuovi contagi da coronavirus e altri 385 morti.
È in corso il confronto tra i presidenti delle regioni e il Ministro della Salute Roberto Speranza sull’uso necessario dei colori come sistema di classificazione delle regioni. L’idea è mantenere solo la zona rossa, via arancione e giallo.
“Oggi con l’estensione del green pass sostanzialmente superiamo quella che era una divisione a colori che introduceva limitazioni generalizzate per tutti i cittadini. E’ iniziato questo percorso con le Regioni e confido che nelle prossime settimana si possa arrivare ad una condivisione. Ferma restando la zona rossa, per le altre zone, credo che il sistema del green pass sia più puntuale”, ha detto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa.
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Esaminando l’andamento della diffusione del virus nel territorio nazionale, tra il 12 e il 18 gennaio, paragonata con quelle che l’hanno preceduta, si mostra dal monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe “una stabilizzazione dei nuovi casi a quota 1,2 milioni e un aumento delle ospedalizzazioni (+2.381) dei pazienti in area medica e in terapia intensiva (+38). Frena dunque l’incremento dei casi (+3%), ma i decessi aumentano del 49,7% in 7 giorni”. Per Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe: “Nel dettaglio della crescita dei decessi, dal report emerge che sono “2.266 negli ultimi 7 giorni (di cui 158 riferiti a periodi precedenti), con una media di 324 al giorno rispetto ai 216 della settimana precedente”.
E sugli ospedali? “Resta alta la pressione– sostiene Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione Gimbe – in cui i posti letto occupati da pazienti Covid continuano ad aumentare, seppur più lentamente: rispetto alla settimana precedente +14% in area medica e +2,3% in terapia intensiva”.
Sul fronte delle terapie intensive, controllando il report settimanale dell’Alta scuola di Economia e management dei sistemi sanitari dell’Università Cattolica si mostrano interessanti dati sugli effetti di Omicron. Diminuiscono gli ingressi di pazienti Covid in terapia intensiva, che passano da a 1,67 per 100mila abitanti, il precedente di 1,73 per 100 mila registrato la scorsa settimana.
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In discesa anche anche i contagi a livello nazionale, arrivato a toccare un picco del 130 per cento settimanale e questa settimana crollato al 20. “Dopo cinque settimane di trend di forte crescita dei nuovi ingressi in terapia intensiva, che ha portato a più che raddoppiare il valore nazionale settimanale passando da 0,83 per 100.000 abitanti a 1,73 per 100mila abitanti, finalmente nell’ultima settimana pare affievolirsi questo sprint del Covid, registrando una lieve diminuzione del dato che si stabilizza a 1,67 per 100mila abitanti”, afferma Americo Cicchetti, direttore Altems.
Intanto in sette tra regioni e province autonome sono oggi entrate tra quelle ad alto rischio, tre a rischio basso e 11 a rischio moderato. Lo sostiene il monitoraggio settimanale della cabina di regia, diffusi dall’Istituto superiore di Sanità.
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