Duecentoventi mila contagi in Italia oggi. Mai così tanti dall’inizio dell’epidemia. La situazione diventa sempre più drammatica soprattutto negli ospedali. L’occupazione dei reparti sale al 27%, mentre quella delle terapie intensive sale al 18%. E ben 13 regioni sono in affanno. A lanciare l’allarme è la FNOMCeO, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri. In ESCLUSIVA al quotidiano online Free.it, il Porf. Giovanni Leoni, vice presidente della FNOMCeO e presidente dell’Ordine dei medici del Veneto.
La pressione sugli ospedali è troppo alta e la situazione è diventata ingestibile. Il sistema reggerà solo pochi altri giorni. E’ l’allarme della FNOMCeO, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri. Il virus corre troppo velocemente e l’aumento dei ricoveri fa presagire una situazione in peggioramento. Già da ieri in tutte le regioni sono stati annullati gli interventi chirurgici considerati non urgenti, ma la pressione è troppo alta. In ESCLUSIVA al quotidiano online Free.it, il Porf. Giovanni Leoni, vice presidente della FNOMCeO e presidente dell’Ordine dei medici del Veneto.
Voi medici avete lanciato un allarme, che cosa succede in queste ore negli ospedali?
“I dati ci dicono che c’è un aumento progressivo di contagiati e di ricoveri negli ospedali. Un vaccinato su 23 è vaccinato in terapia intensiva. In sub intensiva il rapporto è di 1 a 172. A questo punto, la situazione è critica e bisognerà intervenire, soprattutto in alcune aree del Paese che hanno un contagi logaritmico, se non geometrico. Per esempio il Veneto, che è la regione che conosco meglio. Al 15 novembre c’era un aumento di 500 positivi al giorno. Al 15 dicembre ce n’erano 5mila, a fine dicembre, sono arrivati a 14 mila. Oggi sono 21mila positivi al giorno. E di tutti questi positivi, c’è chi finisce in ospedale, in terapia intensiva o sub intensiva. La situazione è disastrosa”.
Qual è la soluzione che chiedete?
“Bene il super Green pass rafforzato, vediamo quali saranno gli effetti nell’immediato. Se però, non ci sarà una flessione nel numero dei contagi e dei ricoveri in terapia intensiva di qui a 10 giorni, bisognerà ricorrere di nuovo al lockdown. Mirato, forse in determinate aree, in determinate regioni più in affanno. Serve un modello Vo’ Euganeo. E’ un sistema collaudato che consente l’interruzione della catena di contagio”.
Un lockdown vecchio stile, dunque?
“Sì. Lo so che è una prospettiva molto amara, però, è sicuramente in sistema efficace. Poi si può progressivamente aprire tutto, puntando sul Green pass con un assoluto controllo periferico. L’obiettivo è di rallentare il contagio è l’unico modo. Attualmente siamo sul 50 e 50 per quanto riguarda la presenza della variante Delta e Omicron. E poi ce n’è una terza che gira. Se è vero che la Omicron è leggera per i vaccinati terza dose, per quanto riguarda la Delta, la problematica che si sviluppa è più importante”.
Sono i non vaccinati a creare l’affanno?
“Ora come ora ci sono ancora troppi non vaccinati e questi 6-7 milioni senza dosi creano la pressione sugli ospedali, con un conseguente blocco anche delle attività chirurgiche. La situazione è sostenibile ancora per pochi giorni. Non solo per i posti, ma anche per la pressione sul personale”.
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Il blocco delle attività chirurgiche è già in atto in tutte le regioni?
“Sono arrivate in tutte le regioni le direttive per quel che riguarda l’attività chirurgica considerata non urgente. Colecisti, ernie, emorroidi, vene varicose, prostate leggere: sono considerati tutti interventi rimandabili. Ma la responsabilità di rimandarli è del medico, che giudica a seconda delle condizioni. Vengono garantite le patologie oncologiche e le urgenze, come infarti e appendiciti. Però la situazione è grave. Già abbiamo avuto una crisi con gli interventi rimandati della seconda ondata, che stavamo recuperando. In molte regioni sono state attrezzate anche sale operatorie aggiuntive per recuperare le operazioni della gente che aspettava. E tra l’altro, nel frattempo, il quadro clinico può anche complicarsi. E’ un disagio enorme. Perché penalizzare i pazienti? Perché dobbiamo convertire un’altra volta gli ospedali per trattare una situazione che doveva essere già stata risolta?”.
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Quindi la soluzione è lockdown?
“Sì. La soluzione è chiudere. In attesa di avere una riduzione dei contagi per effetto delle misure del governo. Ma intanto serve un lockdown old style nei posti più critici. Si fa un reset e si riparte. Quindici/venti giorni, ma una botta al virus serve per dare respiro agli ospedali”.
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