Messina, finisce sotto sequestro un impero da 100 milioni di euro. Imprenditore accusato di aver investito soldi illeciti, provenienti dal clan mafioso dei Barcellonesi.
Sequestrato un impero da 100 milioni di euro. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Messina, su richiesta del Procuratore e del Questore, ha emesso un provvedimento di sequestro beni per Giuseppe Busacca. Tra questi, 16 società, un albergo, centri di riabilitazione, una discoteca e alcune ville. L’imprenditore messinese, re delle cooperative di assistenza per anziani e disabili, è accusato di aver investito denaro illecito, proveniente dal clan mafioso dei Barcellonesi.
L’indagine della Divisione anticrimine della Questura e del Servizio centrale anticrimine parte dall’arresto nel 2017 dell’infermiere ed ex consigliere comunale di Milazzo Santino Napoli. Condannato recentemente per concorso esterno in associazione mafiosa. I rapporti lavorativi tra Napoli e Busacca hanno fatto scattare il sequestro. L’imprenditore tra il 2000 e il 2014 avrebbe ricevuto diversi finanziamenti pubblici, conseguiti in maniera fraudolenta. Una cifra che sfiora i 100 milioni di euro, soldi investiti anche all’estero e ora bloccati.
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Maxi sequestro a Messina, l’indagine
Il Direttore centrale Anticrimine di Messina ha spiegato che il sequestro rappresenta “la concreta realizzazione di una strategia adottata negli ultimi tre anni. Alle investigazioni giudiziarie devono essere affiancate le indagini preventive patrimoniali che impegnano le Divisioni anticrimine delle questure. I provvedimenti conseguenti alle proposte di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali permettono di colpire attività imprenditoriali e beni strumentali. Accumulati grazie ad investimenti di denaro provento della commissione di reati“, conclude.
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Le società di Busacca negli ultimi due anni avevano anche ricevuto finanziamenti pubblici erogati dallo Stato come sostegno in conseguenza dell’attuale emergenza sanitaria legata al Covid-19, al per un valore di circa 500mila euro. L’imprenditore già nel 2015 era finito agli arresti domiciliari con l’accusa di monopolio nella gestione degli appalti per i servizi socio-assistenziali.